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Messaggio Barriere Coralline

#1  Federico Dom 19 Feb, 2006 13:51

Sos coralli - Le barriere hanno bisogno d' assistenza
Le barriere madrepore esistono da 10 milioni di anni e rappresentano il materiale biologico che ha attraversato il maggior numero di ere geologiche. Ma questa forza intrinseca può non essere sufficiente a sopportare ancora a lungo l'impatto della scriteriata azione antropica

«Le barriere coralline (o madrepore) costituiscono le più grandi e antiche strutture di materiale biologico esistenti sul pianeta. Prodotte da animali "microscopici", sono qualcosa di ineguagliato in natura».
Ha esordito così il professore francese Arthur Dahl , esperto mondiale dei sistemi corallini e presidente del Forum Internazionale per l'Ambiente, introducendo il seminario dal titolo «Struttura e organizzazione delle barriere coralline. Rischi di degrado per cause antropiche e naturali» tenutosi presso il palazzo degli Studi Biologici della Facoltà di Agraria di Bari.
«Le loro massime manifestazioni – ha aggiunto Dahl – che possono raggiungere i 1.000-1.200 metri di spessore come nel caso di Tahiti, sono persino visibili dallo spazio» .
Difatti, le origini delle barriere risalgono sino a 10 milioni d'anni fa (per una crescita media annuale di appena pochi centimetri) perciò lo studio paleontologico dei residui fossili è un importante strumento d'interrogazione della natura, nell'eterno tentativo di comprenderla.
Anche Charles Darwin, scoperta l'inestimabile biodiversità (biocenosi) che esse portano in seno, s'interessò pubblicando delle opere sulle loro origini e struttura nel contesto dei suoi studi sulla selezione genetica.
«Questa biocenosi – interviene il professor Angelo Tursi , docente di Ecologia presso la facoltà di scienze Matematiche, Fisiche e Naturali – è caratterizzata dalla massiccia presenza di madrepore coloniali di grosse dimensioni aggregate tra loro a formare un vero e proprio tappeto di coralli. Le specie caratteristiche della biocenosi sono le madrepore coloniali ( Lophelia pertusa e Madrepora oculata ) che formano un complesso e ramificato intreccio di scheletri calcarei. Associate, e spesso fuse, alle prime due esistono polipi solitari di Desmophyllum cristagalli . La parte viva dell'intera colonia è quella più superficiale, il resto della fitta trama calcarea è morto e annerito da ossidi di manganese e ferro. Nel mar Mediterraneo esistono alcune specie come il corallo rosso ( Corallium rubrum ), materiale semiprezioso utilizzato come ornamento fin dal Neolitico».
Per ritrovare invece le barriere madreporiche, quintessenza stessa della biodiversità ed equivalente marino di quello che la foresta amazzonica rappresenta sulla terraferma, è necessario spostarsi nelle aree tropicali dove vi è la concomitante presenza di tutte le condizioni necessarie al loro sviluppo (20°C dell'acqua, alti strutturali, bordi di canyon sottomarini).
Uno dei fenomeni più stupefacenti sono gli atolli, isole coralline elevate fino a 4 metri, formate da un anello nel cui centro sta una laguna comunicante col mare, spesso createsi in seguito allo sprofondamento di vulcani, come nel caso delle isole Samoa.
Introducendo l'argomento del degrado delle barriere, il professor Dahl ha fatto dapprima notare come sull'ecosistema corallino graviti l'esistenza di 500 milioni di persone, per poi ricordare che «la situazione attuale non è delle più rosee a causa dei rischi e delle minacce di degrado portate su questi ecosistemi da cause antropiche e naturali».

«Nonostante le apparenze – ha sostenuto Dahl – questi sistemi sono molto vulnerabili rispetto all'impatto antropico ed il rapporto crescita-morte dei coralli è da tempo in tendenza negativa, cosa che non accade quando la loro evoluzione vitale riesce a fare il proprio corso senza interferenze "innaturali"».
Tra le cause ci sono, oltre agli errati atteggiamenti di turisti e pescatori, fenomeni come overfishing , destructive fishing , inquinamento chimico, sviluppo costiero, cambiamenti climatici, acidità delle acque, ricerche petrolifere, trivellazione ed estrazione di materiali, commercio mondiale. Altre piaghe sono la graduale saturazione degli spazi vitali dell'uomo ormai costretto a costruire isole artificiali dove potersi insediare o anomalie quali l'eccessiva frequenza dei tifoni rispetto agli standard precedenti che distruggono le barriere che poi non riescono a ricostituirsi in tempo per resistere alle successive tempeste. Senza dimenticare le conseguenze dell'effetto serra sul livello dei mari che, innalzandosi, provocherebbe la sommersione di alcune isole, come quelle della Micronesia.
«Tutti questi fenomeni – questo il monito di Dahl – sbilanciano in maniera sensibile i rapporti tra le specie con conseguenze distruttive per le barriere e per l'intero ecosistema. Lo stress cui sono sottoposte rende le barriere più vulnerabili a malattie ed epidemie e quindi anche incapaci di fronteggiare gli attacchi dei predatori».
«Lo stesso fenomeno dello " sbiancamento " – ha aggiunto Tursi – è dovuto alla variazione della temperatura delle acque che determinano l'espulsione, da parte dei coralli, delle alghe zoosentelle , artefici della simbiosi riproduttiva. Per questi motivi, negli ultimi 30 anni c'è stata una riduzione della produzione di coralli di circa l'80%. Questo fenomeno non ha una valenza solo locale ma planetaria visto che può essere un segno dell'alterazione del ciclo del carbonio, ciclo che costituisce una delle basi su cui poggia l'esistenza della vita organica sul pianeta» .
All'interno degli ambienti scientifici, il dibattito si divide da anni su posizioni forse troppo intransigenti. Dopo i disastri del Niño i pessimisti si esposero prefigurando che in soli 50 anni l'intero patrimonio planetario di coralli sarebbe scomparso. La visione ottimistica afferma invece che se le barriere coralline sono sistemi così forti da essersi evolute attraverso 10 milioni di anni riusciranno a resistere anche alla dannosità dell'azione antropica, nonostante la crisi; la realtà è che questo è uno scenario difficile da immaginare perché le suddette sollecitazioni stanno avvenendo quasi contemporaneamente, nell'arco di soli 30 anni, e la forza richiesta per resistere sarebbe «sovrannaturale».
«Per provare a preservare le barriere – hanno concluso all'unisono Dahl e Tursi – esistono ora riserve in Australia e Mesoamerica in cui si effettuano operazioni di zonazione e acquacoltura per la ripopolazione e all'interno delle quali sono stabiliti dei precisi limiti allo sfruttamento commerciale dei coralli» .
Sarà ora necessario capire se questi siano i primi passi per una nuova «alba corallina» o tentativi insufficienti ad evitarne il tramonto.


Fonte: Il villaggio globale
a firma di Claudio Mundo
 




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