Voglio riportare, evidenziandone i punti per me più salienti, l'articolo di Guido Guidi (con il quale concordo in toto) sulle ultime vicende meteorologiche e sulle discussioni, più o meno accese, che sono nate intorno a "previsioni catastrofiche" sbagliate e su mesocicloni TLC previsti e non verificatisi...
L'originale, naturalmente, lo trovate su http://www.climatemonitor.it/?p=27607#more-27607
La “Passione” dei modelli
di Guido Guidi
Ho aspettato qualche giorno a pubblicare questo post. I fatti che raccontiamo sono meteorologici, quindi essendo accaduti nei primissimi giorni del mese, sono praticamente morti e sepolti. Ma come sanno tutti quelli che si occupano di meteorologia più o meno professionalmente, non esiste un campo dello scibile umano dove l’esperienza conti di più. Esperienza nel valutare l’evoluzione di ogni singola situazione in relazione al nostro territorio certamente, ma anche e ultimamente soprattutto, esperienza nel valutare gli strumenti a propria disposizione.
Si parla della prima vera perturbazione scesa nel Mediterraneo a guastare l’estate appena dieci giorni fa. In gergo molto poco tecnico una bella “botta” tuffatasi nel Mare Nostrum direttamente da nord e alimentata da un mix di aria polare e aria delle medie latitudini di tipo marittimo a sostituire l’aria subtropicale marittima continentalizzata che ci stava regalando l’ennesima (ma per fortuna ultima) onda di calore della stagione.
Più che la perturbazione in generale, ha destato particolare interesse, concorrendo non poco alla persistenza dei fenomeni, l’evoluzione in cut-off della saccatura, cioè la formazione di un minimo in quota staccato dal flusso perturbato principale e quindi stazionario. Risultato: pioggia, temporali forti, parecchio vento e caduta delle temperature. La personale impressione di chi scrive è che le previsioni numeriche abbiano fatto in questa occasione un ottimo lavoro, con gli output numerici a media scadenza che hanno individuato con buon anticipo l’evoluzione generale e con quelli a breve scadenza e più alta risoluzione spaziale che hanno fornito indicazioni molto valide sullo sviluppo degli eventi a mesoscala tipici di questo genere di sistemi perturbati.
Tutto bene, tutto bello, compreso il fatto, se vogliamo, che nonostante gli anatemi di sventura lanciati con qualche giorno di anticipo di troppo circa la possibilità di eventi atmosferici particolarmente distruttivi a causa dell’elevata temperatura raggiunta mediamente dai nostri mari in questa calda estate, in realtà non è accaduto nulla di particolarmente rilevante. Al riguardo è giusto far notare che la temperatura del mare è una variabile importante, ma non è una condizione sufficiente perché gli eventi siano particolarmente intensi, se ne ricordino i soliti noti profeti alla prossima occasione.
Ma non è tutto. Tra una pioggia e l’altra, c’è stato anche tempo per sollevare delle polemiche piuttosto accese, soprattutto in quel vastissimo sottobosco – che ormai è un autentico movimento – di appassionati di meteorologia che popolano le discussioni tecniche sul web. Attenzione però, non mi riferisco affatto all’incauto “presagio” di sconquassi in quel di Genova e dintorni, con tanto di giusta presa di posizione del Centro Funzionale della Protezione Civile Regionale e successive scuse dell’esperto di turno, quella è una storia che semmai ci aiuterà a capire il seguito ma che sinceramente mi interessa poco. L’oggetto di questo post è invece la previsione con ben quattro giorni di anticipo, cioè il giorno 1 per il giorno 4, della formazione di un TLC (Tropical Like Cyclone) nel Mediterraneo, più precisamente nel Mar di Sardegna prima e nel Tirreno poi.
Avendo seguito personalmente la faccenda ve la posso raccontare. Praticamente, a peggioramento già avvenuto, ovvero con il sistema freddo principale già passato, il vento di caduta in uscita dalle Alpi Marittime assumeva una decisa rotazione antioraria ad ovest della Corsica, originando un minimo nei bassi strati piuttosto circoscritto e profondo.
A far suonare il campanello di allarme circa l’eventualità che si potesse trattare di un TLC, la totale assenza di forcing in quota, anzi, la quota, intesa dalla media troposfera in su, reagiva a posteriori con un lag temporale di circa 6 ore, mostrando la caduta del geopotenziale e la discesa di aria più fredda e più secca proveniente dall’alto. Se così fosse stato, ricordiamo che parliamo di output numerici, la convezione, il vento e le precipitazioni associate sarebbero state davvero notevoli. Ma tutto ciò non è accaduto, almeno non nella forma prevista. Infatti il minimo c’è stato sul serio, ha compiuto come da previsioni il suo giro attorno alla Sardegna ed è giunto sul Tirreno, ma la pressione atmosferica non è scesa quanto si prevedeva il giorno 1 e di conseguenza i fenomeni sono stati molto più attenuati.
Il LaMMA, laboratorio di meteorologia il cui modello numerico ad area limitata aveva “previsto” il TLC ha pubblicato un articolo piuttosto interessante cercando di spiegare le ragioni di questo insuccesso.
In primo luogo la fonte dei dati. Come molti di quanti operano nel settore delle previsioni a latere delle istituzioni, anche il LaMMA impiega come condizioni a contorno per l’annidamento del modello a più alta risolzione spaziale il modello americano WRF, il cui passo di griglia si aggira intorno ai 50km. Il modello ad area limitata invece scende a 12 km. Nell’articolo linkato leggiamo che la corsa del modello globale del Centro Europeo per le Previsioni a Medio Termine (ECMWF) non “formava alcun TLC nei nostri mari. Aggiungo inoltre che non lo facevano neanche i modelli a mesoscala inizializzati con questo modello. Per due ragioni. La prima è che il modello di ECMWF ha una risoluzione spaziale molto più accurata, circa 15km. La seconda è che i modelli a mesoscala che girano con le condizioni a contorno fornite da questo modello non vanno oltre le 72 ore di previsione, cioè tre giorni. E non è un problema di capacità di calcolo o di convenienza. E’ semplicemente noto che oltre quella scadenza (ma in realtà anche un po’ prima), l’attendibilità dei modelli ad area limitata crolla drasticamente, per cui non ha senso farli girare. A meno di non andare a cercare colpi a sensazione spesso puntualmente smentiti.
Gli eventi che fanno i danni veri, almeno alle nostre latitudini, sono nella grande maggioranza dei casi generati da soggetti a mesoscala. Celle rotanti, V-Shaped Storm, minimi depressionari molto limitati nello spazio etc etc. Tutti modelli concettuali attualmente prevedibili, con riferimento alla loro formazione, localizzazione e intensità, esclusivamente in sede di Nowcasting, cioè di previsione a brevissima scadenza. Parliamo al massimo di qualche ora. Andarli a cercare con 3/4 giorni di anticipo è del tutto inutile. Tanto è vero che, sempre nell’articolo linkato, leggiamo anche che le corse del modello nei giorni seguenti, quando cioè si sono accorciati i tempi ed è migliorata molto l’affidabilità del modello, hanno abbandonato quasi del tutto l’opzione TLC, restituendo al soggetto il suo ruolo di minimo formatosi nel curling del fronte occluso (il ricciolo che si forma quando l’occlusione rientra nel minimo) e privandolo di quelle caratteristiche specifiche che lo avrebbero altrimenti reso pericoloso: un cuore caldo – e qui avrebbe sì avuto un ruolo determinante la temperatura del mare – e una vita propria. Aggiungo anche che con la Sardegna di mezzo, ossia con la terraferma che ha inevitabilmente condizionato la forma del minimo, le probabilità che questo potesse accadere erano minime se non nulle.
Ma, parlavamo di esperienza, sicché è giusto cercare di far tesoro di questo evento.
Bastano pochi punti:
I modelli globali liberamente disponibili come il WRF sono una risorsa preziosa ma hanno performance previsionistiche spesso deludenti, specie se impiegati ben oltre le loro possibilità; e qui mi riferisco anche agli annunci a sensazione circa improbabili evoluzioni del tempo individuate con 10/15 giorni di anticipo.
I modelli a mesoscala NON possono essere utilizzati per previsioni oltre le 72 ore, meglio se 48, ancora meglio se 24; e comunque si tratta di segnali altamente incerti in ordine alla localizzazione spaziale e temporale degli eventi; è un limite accertato, bisogna farsene una ragione.
La previsione numerica – e questo lo dicono anche al LaMMA, deve essere sempre affiancata da una valutazione soggettiva, ossia da chi è in grado di valutare innanzi tutto l’attendibilità di quell’output e poi di trasporre in una realtà che non siamo ancora in grado di replicare l’evoluzione degli eventi.
Per corroborare quanto sopra è bene ad esempio far notare che, pur con tutto l’apparato previsionistico di cui dispone la NOAA, il punto esatto dove ha toccato terra il ciclone Isaac è stato colto soltanto poche ore prima dell’evento, salvo poi, contrariamente alle previsioni, vedere l’occhio del ciclone che è andato a farsi un altro giretto in mare prima di “atterrare” in un altro punto ancora.
Insomma, più passano gli anni e più diventiamo bravi, su questo non c’è dubbio, e bisogna ringraziare lo sviluppo tecnologico dei sistemi di prognosi e il lavoro di ricerca di quanti si dedicano ai modelli di previsione numerica delle condizioni atmosferiche. Se visto in questa ottica, il lavoro fatto nei primi giorni di questo mese è stato egregio. Ma non bisogna pensare di essere più bravi di quel che si è, magari soltanto per far fronte ad un eccesso di domanda. Di TLC nei nostri mar ne abbiamo visti e altri ne vedremo, ma non era proprio questo il caso semplicemente perché…era troppo presto per dirlo.