#1 burjan Lun 03 Ott, 2005 20:50
Studiando la storia del clima, troppo spesso si sente descrivere le caratteristiche di un periodo in termini generali.
In realtà, raramente le modificazioni climatiche sono state ovunque nella stessa direzione. Siccità e incrementi di pioggia spesso hanno convissuto, anche a poche centinaia, perfino decine di Km.
Solo che adesso, quando succedono queste cose, nella maggior parte dei casi il progredito Occidente del 2000 riesce a cavarsela piuttosto bene. Noi meteoappassionati ci ridiamo sopra, fioriscono gli sfottò e le paranoie.
Nel 1200 a.C. no.
Nel 1200 a.C. bastava che qualcosa andasse storto, nel precario equilibrio dell'agricoltura di sussistenza, per distruggere il raccolto e far piombare popoli interi nella fame e nella disperazione.
Fu per primo il classicista Rhys Carpenter ad elaborare una sconvolgente teoria, nel 1966. Teoria successivamente confermata dai climatologi Bryson, Reid e Lamb, studiando gli inverni greci degli anni '50.
Fu una siccità locale, che coinvolse solo alcune zone del Peloponneso e dell'Anatolia, a scatenare una serie di guerre e di migrazioni a catena di popoli.
La struttura di comando della civilità micenea
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#2 burjan Lun 03 Ott, 2005 20:58
ne fu spazzata via, i grandi palazzi di Pilo, Tirinto, Micene abbattuti e dati alle fiamme.
Peloponnesiaci, libici, anatolici occidentali, siciliani e sardi formarono una lega di popoli, uniti dalla fame e dalla disperazione, che si lanciò come un colpo di maglio contro i più potenti imperi di allora: quello Ittita (che fu distrutto) e quello egiziano (che resse, dopo una serie di terribili battaglie nel Delta del Nilo).
Vediamo cosa può essere avvenuto.
I minimi depressionari invernali sul Mediterraneo occidentale si portarono più ad ovest del normale, e sulla Turchia si rafforzava sempre più l'anticiclone. Le vie dei temporali, che normalmente portano pioggia alla Grecia meridionale, deviarono bruscamente verso nord. Atene e l'Attica ebbero quindi un clima più umido del solito; Peloponneso meridionale e Beozia avrebbero avuto, come buona parte dell'Anatolia e della Libia, un crollo delle precipitazioni pari al 50-60%. In quei posti e in quei climi, questo significa solo una cosa: desertificazione. In Grecia, in estate, il sole ed il terribile vento Melteni sottopongono i terreni ad uno stress idrico molto violento, che normalmente le piogge e la neve (più frequente che da noi) tendono a recuperare.
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#3 burjan Lun 03 Ott, 2005 21:06
L'esperienza di noi umbri (2001-2002-2003) ci insegna che le siccità invernali sono le più pericolose, proprio perché avvengono durante quella che è, normalmente, la fase di reintegro delle risorse idriche.
La siccità non investì tutto il bacino del Mediterraneo: oltre che l'Attica, anche la Grecia nord-occidentale conobbe allora un aumento di piovosità, come pure la parte centrale e settentrionale della penisola balcanica.
Guarda caso, sembra che il cataclisma politico-economico-sociale del 1200 a.C. sia durato non più di tre anni. Ma lasciò tracce indelebili. Tutto il cammino della civiltà greca e mediterranea fu interrotto per almeno quattro secoli; di grandi palazzi, eroi omerici, meravigliosi affreschi e commerci su scala continentale non si parlò più per un bel pezzo.
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#4 burjan Lun 03 Ott, 2005 21:08
Cosa ci deve insegnare il disastro del 1200 a.C.?
Che le siccità locali non sono un prodotto del caso, non vengono necessariamente compensate dalla buona sorte, almeno nel breve-medio termine, e che possono avere effetti molto gravi.
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#5 burjan Sab 22 Ago, 2009 16:25
Riprendo questo vecchissimo topic (ammazza ahò, sò quattro anni che stemo a pisticchjià cò sta meteo) per citare quanto riporta in merito a questo episodio il prestigioso manuale di Mario Liverani "Antico Oriente - Storia società economia".
"Guerre e deportazioni, spopolamento e crisi produttiva, portano carestie e pestilenze (...) particolarmente alla metà del XIV secolo e poi alla fine del XIII. Gli affannati richiami degli ultimi re hittiti ai loro residui vassalli, per ottenere a qualunque costo del grano, o l'intervento dell'Egitto "per mantenere in vita il miserabile paese di Hatti" mostrano una situazione di gravità eccezionale.
(segue)
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#6 marvel Sab 22 Ago, 2009 20:46
Complimenti Luisito, questo bellissimo topic mi era sfuggito"
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#7 burjan Sab 22 Ago, 2009 21:55
Ringrazio per i complimenti e proseguo con la citazione.
"Pare del resto che la sequenza dendrologica di Gordion registri intorno al 1200 un seguito di sette-otto anni particolarmente secchi: ciò che spiegherebbe la rovinosa carestia che investe una Anatolia già in difficoltà. Altrove, in bassa Mesopotamia, è il progressivo collasso della rete dei canali che fa entrare in crisi l'agricoltura."
Gordion non è il nome di un autore, ma della città, oggi turca, in cui la sequenza è stata rilevata: la Gordio del famoso nodo sciolto da Alessandro Magno con un colpo di spada.
Anche la storia ufficiale, pertanto, riconosce il ruolo importantissimo svolto dalla siccità locale del 1200 a.C. nel crollo della civiltà vicino-orientale della Tarda Età del Bronzo.
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#8 Romano Ven 18 Set, 2009 11:37
Studiando la storia del clima, troppo spesso si sente descrivere le caratteristiche di un periodo in termini generali.
In realtà, raramente le modificazioni climatiche sono state ovunque nella stessa direzione. Siccità e incrementi di pioggia spesso hanno convissuto, anche a poche centinaia, perfino decine di Km.
Solo che adesso, quando succedono queste cose, nella maggior parte dei casi il progredito Occidente del 2000 riesce a cavarsela piuttosto bene. Noi meteoappassionati ci ridiamo sopra, fioriscono gli sfottò e le paranoie.
Nel 1200 a.C. no.
Nel 1200 a.C. bastava che qualcosa andasse storto, nel precario equilibrio dell'agricoltura di sussistenza, per distruggere il raccolto e far piombare popoli interi nella fame e nella disperazione.
Fu per primo il classicista Rhys Carpenter ad elaborare una sconvolgente teoria, nel 1966. Teoria successivamente confermata dai climatologi Bryson, Reid e Lamb, studiando gli inverni greci degli anni '50.
Fu una siccità locale, che coinvolse solo alcune zone del Peloponneso e dell'Anatolia, a scatenare una serie di guerre e di migrazioni a catena di popoli.
La struttura di comando della civilità micenea
E' vero,il Peloponeso è più nevoso della Toscana,che è di tanto più settentrionale.Ed Atene ha una nevosità media tripla rispetto a Napoli e Roma.
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#9 burjan Mar 29 Ott, 2013 20:59
Interessanti novità sull'argomento di questo vecchio topic. Da National Geographic Italia:
Cosa successe 3.200 anni fa sulle rive orientali del Mediterraneo?
"In pochissimo tempo, l'intero mondo dell'Età del Bronzo crollò", racconta Israel Finkelstein, archeologo dell'Università di Tel Aviv. "L'impero ittita, l'Egitto dei faraoni, la civiltà micenea in Grecia, il regno di Cipro, celebre per la produzione del rame, la grande città-mercato di Ugarit, sulla costa siriana, le città-Stato cananite, sotto l'egemonia egiziana: tutte queste civiltà scomparvero, e solo dopo qualche tempo furono rimpiazzate dai regni territoriali dell'Età del Ferro, come quelli di Israele e di Giuda".
Il mistero fa discutere gli scienziati da decenni. Si è pensato a guerre, pestilenze, disastri naturali improvvisi. Ora Finkelstein e i suoi colleghi ritengono di aver trovato una soluzione studiando particelle di polline estratti dai sedimenti estratti sul fondo del lago di Tiberiade (o mar di Galilea). A mettere in crisi quelle civiltà fu la siccità, anzi una serie di gravi periodi di siccità succedutisi nell'arco di 150 anni, tra il 1250 e il 1100 a.C. circa.
L'équipe ha preso in esame campioni di sedimenti depositati sul fondo del lago nel corso degli ultimi 9.000 anni, ed estratti grazie a carotaggi fino a 18 metri di profondità.
Le "impronte digitali" delle piante
"Ci siamo concentrati sull'intervallo di tempo tra il 3200 a.C. e il 500 a.C.", spiega Dafna Langgut, palinologa (ossia studiosa di antichi pollini) dell'Università di Tel Aviv e autrice, assieme a Finkelstein e al geologo dell'Università Thomas Litt, dello studio, pubblicato questa settimana sulla rivista Tel Aviv: Journal of the Institute of Archaeology of Tel Aviv University.
Studiando campioni di polline prelevati da strati di sedimenti depositati a intervalli di un quarantina d'anni, gli scienziati sono riusciti a ricostruire i cambiamenti avvenuti nella vegetazione. "I granelli di polline sono le 'impronte digitali' delle piante", dice Langgut. "Sono utilissimi per ricostruire le condizioni della vegetazione e del clima nell'antichità".
Intorno al 1250 a.C., gli scienziati hanno notato un netto calo della presenza di querce, pini e carrubi, la tradizionale flora del Mediterraneo durante l'Età del Bronzo, e un aumento delle piante che si trovano di solito in regioni semiaride. Si notava anche una grossa diminuzione degli ulivi, segno di una crisi dell'agricoltura. Tutto insomma faceva pensare che la regione fosse afflitta da siccità gravi e prolungate.
Carestie e tumulti
Gli anni fondamentali per il crollo, prosegue Finkelstein, furono probabilmente quelli tra il 1185 e il 1130 a.C., ma si trattò di un processo che avvenne su un arco di tempo abbastanza lungo. "Secondo me il cambiamento climatico può essere considerato una sorta di scintilla che diede il via a una serie di eventi a catena. Ad esempio, il crollo dei raccolti costrinse alcuni gruppi che abitavano nelle regioni settentrionali a migrare in cerca di cibo, magari scacciando altre comunità che a loro volta si spostarono per terra e per mare. Questa reazione a catena suscitò guerre e distruzioni e mise in crisi il delicato sistema commerciale del Mediterraneo orientale.
Le conclusioni raggiunte dagli scienziati, anche grazie alla datazione al radiocarbonio, coincidono quasi alla perfezione con i pochi resoconti storici del periodo, che appunto narrano di carestie, interruzioni delle rotte commerciali, tumulti, saccheggi e guerre per impadronirsi delle scarse risorse. La tarda Età del Bronzo fu anche il periodo in cui bande di predoni, detti "Popoli del mare" cominciarono a razziare le coste della regione.
La crisi finì solo con il ritorno delle piogge, quando le comunità costrette al nomadismo dalla fame poterono tornare stanziali.
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