Il dibattito televisivo, come la solito, ha banalizzato un problema reale, che è duplice. Da un lato c'è l'assoluta mancanza di cultura meteorologica non solo fra la gente comune (il che sarebbe, per lo meno, comprensibile) ma anche fra gli operatori dell'informazione: a loro, spesso, va imputata quella distorsione della comunicazione che provoca inutili e dannosi allarmismi. Non c'è nessuna conoscenza del lessico scientifico ed ogni questione viene trattati in termini talmente banali da risultare assolutamente inutile ai fini di una corretta interpretazione dell'evoluzione del tempo. Dall'altro c'è l'insistenza di alcuni organi di informazione meteorologica verso le previsioni a lunga scadenza, senza l'adeguata sottolineatura del fatto che si tratta di eventi probabili e non certi. In molti casi sarebbe bene neppure pronunciarsi, specie in alcune stagioni notoriamente molto variabili come la primavera, eppure si continua ad insistere e i giornalisti braccano spesso i meteorologi di grido, finché non carpiscono loro qualche indiscrezione, che diventa subito come oro colato.
Deve passare il messaggio che le scienze dell'atmosfera non daranno ancora per molto tempo certezze, ma solo probabilità e se quindi si dice che probabilmente pioverà e poi non piove, la previsione resta sostanzialmente valida. Va poi ancora sottolineato che le previsioni a larga scala non possono essere applicate sic et simpliciter su un'area ristretta di territorio, senza andare incontro a problematiche di scarsa affidabilità.
Di tutto questo dovrebbe, però, occuparsi la stessa informazione. E' quindi davvero ora che qualcuno dei giornalisti che continua a diffondere impunemente pregiudizi, mistificazioni e castronerie sull'argomento, venga trasferito ad altri settori d'informazione e gli subentrino persone scientificamente preparate e coerenti.