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Off-Topic - Un Dotto Contributo Dottrinale



burjan [ Lun 17 Dic, 2007 08:46 ]
Oggetto: Un Dotto Contributo Dottrinale
... quello apparso stamattina sulla rivista on line "IlPersonale.it"


E’ ingiuria l’espressione “mo’ m’hai rotto li co(.…), io voglio sape’ te che ca(…) ci stai a fa’ qua dentro, che nun fai un ca (…)”. Nota a sentenza n. 42064/2007 della Cassazione.


La Quinta Sezione Penale della Cassazione, con la sentenza n. 42064/2007, depositata in Cancelleria il 14 novembre 2007,ribadisce che il superiore gerarchico commette il reato d’ingiuria ex art. 594 del Codice Penale, se offende il dipendente rivolgendogli parole di disprezzo quali: “Mo’ m’hai rotto li cojoni, io voglio sape’ te che ca**o ci stai a fa’ qua dentro, che nun fai un cacchio”.
L’ingiuria trova sanzione all’art. 594 del Codice Penale.

Ci occupiamo qui dell’ingiuria verbale, quella che si manifesta con la parola; scritti o, genericamente, comportamenti oltraggiosi configurano l’ingiuriac.d. reale (classificazione eminentemente dottrinaria).

Entriamo appena nella questione, vieppiù dibattuta in dottrina e giurisprudenza, della “presenza” fisica della vittima, elemento distintivo fra l’ingiuria e la diffamazione, ex art. 595 C.P.
Nella prima l’offeso è presente al momento dell’attacco alla sua persona1.
A prescindere dall’inquadramento nell’una o nell’altra figura di reato, in funzione del quale rileva anche la mancata conoscenza della presenza della persona lesa da parte del soggetto attivo2, non può essere trascurata la percezione dell’offesa da parte della vittima3.

Vi sono alcune espressioni di per sé obbiettivamente lesive dell’onore e del decoro, tali cioè da offendere qualunque persona, ed altre che possono acquistare efficacia ingiuriosa in dipendenza di particolari circostanze, soggettive od oggettive. Fra le prime, la personalità delle parti, il loro ruolo sociale o di contesto, la natura dei rapporti tra loro intercorrenti; fra le seconde, il luogo o l’ambito particolare in cui il fatto si verifica o, specie con riferimento a vicende di mobbing, l’insieme di atti e comportamenti vessatori, subiti dal medesimo soggetto, leciti o illeciti, precedenti o contemporanei.
La complessità degli elementi da valutare richiede, pertanto, una disamina approfondita e completa, sì da discriminare, di caso in caso, l’ipotesi in cui ricorra l’animus iniurandi - ossia la volontà di ledere l’onore o il decoro di una persona - da quella in cui l’intenzione dell’agente sia diversa4.
Sotto tale profilo, occorre tener presente che l’elemento psicologico del delitto d’ingiuria (come anche di diffamazione) è costituito, secondo prevalente orientamento, dal dolo generico.
E’ sufficiente, cioè, la volontà dell’agente di usare espressioni ingiuriose con la consapevolezza di offendere l’onore e la reputazione di altri.
Laddove sia inequivocabile siffatta volontà, sono destituite d’ogni rilevanza eventuali diverse ragioni che abbiano indotto l’agente a pronunziare certe frasi5.

Nella sentenza indicata in apertura, si conferma che “in tema di tutela penale dell’onore, al fine di accertare se l’espressione utilizzata sia idonea a ledere il bene protetto dalla fattispecie incriminatrice di cui all’art. 594 cod. pen. occorre fare riferimento ad un criterio di media convenzionale in rapporto alla personalità dell’offeso e dell’offensore nonché al contesto nel quale detta espressione sia stata pronunciata ed alla coscienza sociale”.
In conformità a ciò, è stata ritenuta priva di rilevanza offensiva l’espressione “siete venuti a rompere le scatole”- benché carica d’indubbia potenzialità lesiva del decoro, dato il suo significato manifestamente dispregiativo, per il sottinteso riferimento agli organi genitali -proferita nel contesto di un vivace scambio verbale tra professoresse, in una fattispecie giudicata dalla stessa Sezione Quinta, con la sentenza n. 39454 del 2005.
Ancora in precedenza, sempre la Sezione Quinta ebbe, invece, a ravvisare il reato d’ingiuria in fraseanaloga (“non rompere le scatole”), pronunciata palesemente per manifestare disprezzo, pur se in un contesto ove rilevava la prevalenza di una mentalità e di un linguaggio non improntati a correttezza di relazioni, circostanza che non fu comunque ritenuta sufficiente a privare di contenuto lesivo detta espressione6.

La tutela dell’onore, che trova fondamento nell’art. 3 della Costituzione, deve essere conciliata con la libertà d’espressione di cui all’art. 21 della Costituzione.

In contesto lavorativo, il superiore gerarchico non incorre certo nel reato d’ingiurie per il solo fatto di rimproverare il dipendente, anche se energicamente, nel perseguimento degli obiettivi di servizio7.
Nondimeno, affinché non sconfini nell’ingiuria, il superiore gerarchico può sempre esprimere la sua contrarietà verso determinate condotte tenute dal sottoposto nell’esercizio delle sue mansioni, “aggredendo” verbalmente gli aspetti delle stesse che ritiene reprensibili e rilevando le conseguenti trasgressioni e mancanze.

Nella fattispecie che ha originato la sentenza 42064/2007, stando al contenuto della medesima, “l’imputato non si è limitato a pronunciare – in modo volgare – la frase innanzi precisata, ma ha aggiunto, altresì, l’altra (“io voglio sape’ te che ca**o ci stai a fa qua dentro, che nun fai un cacchio”), diretta, secondo il ricorrente, a stigmatizzare l’operato del sottoposto.

Evidentemente, “la condotta ingiuriosa non era finalizzata a stigmatizzare una specifica condotta censurabile del dipendente nell’esercizio delle sue mansioni, bensì era motivata dalla “ stizza” per un comportamento genericamente inopportuno(…)Talchè la concreta fattispecie esula dalle ipotesi di critica legittima (…)”.
1 Nel precedente Codice Zanardelli l’ingiuria o la diffamazione non si distinguevano per tale ricorrenza ma, rispettivamente, per l’indeterminatezza o la determinatezza dell’offesa.

2 La stessa Quinta Sezione Penale della Cassazione, con la sentenza 4902 del 6/7/72 (rv. 121600), affermava che l’art. 594 C.P. non considera la presenza dell’offeso come una circostanza che possa essere valutata a carico o a favore dell’imputato, anche se da lui sconosciuta, e nemmeno come una condizione di punibilità, ma la prevede tra quegli elementi costitutivi del reato che l’imputato deve conoscere perché si realizzi l’ipotesi delittuosa dell’ingiuria. La mancata conoscenza della presenza della persona offesa impedisce il perfezionamento del delitto d’ingiuria, e fa subentrare l’ipotesi della diffamazione, che punisce chiunque, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione - In Codice Penale Annotato, Ed. Giuridiche Simone, sub art. 594.

3 Per la configurabilità del delitto d’ingiuria, è sufficiente che la persona offesa, anche se non vista dal soggetto agente, abbia la possibilità di percepire ed effettivamente percepisca le espressioni ingiuriose. In tal senso Cass. Sez. V Pen. Sent. N. 11909 dell’11/12/1975 (rv. 131429).
Sussiste il reato di ingiurie anche nel caso in cui il soggetto passivo, non in possesso di un perfetto senso dell’udito o per distrazione o per rumori interferenti, non sia riuscito a percepire l’esatta portata delle espressioni a lui rivolte, ma ne sia stato immediatamente informato da altre persone presenti. Così Cass. Sez. V Pen. Sent. N. 4872 del 6/7/72 (rv. 121583). Entrambe in C.P. Annotato, v. nota 2.

4 Così già Cass. Sez. 5 sent. 8407 del 26/6/78.

5 Fra le più esplicite: Cass. Sez. 5 Sent. n. 10495 del 23/11/1981 e Sez. 6 sent. 2761del 2/3/76.

6 Cass. Sez. 5 sent. 5708 del 17/6/86.

7 Non sussiste il reato d’ingiurie qualora un superiore gerarchico usi nei confronti di un dipendente un’espressione che abbia il significato di richiamo, sia pure vivace e colorito, per una maggiore efficienza del servizio, affinché il dipendente medesimo si adegui alle modalità già disposte secondo criteri di funzionalità d’intervento, imposti dalla natura del servizio. Cass. Sez. 5 sent. 2516 del 20/3/1984 (rv. 163221) - in C.P. Annotato, v. nota 2.


Poranese457 [ Lun 17 Dic, 2007 09:26 ]
Oggetto: Re: Un Dotto Contributo Dottrinale


Fenrir [ Lun 17 Dic, 2007 14:03 ]
Oggetto: Re: Un Dotto Contributo Dottrinale
Mo’ io vojo sape’ te che ca**o ce sta a fa’ sto topic qua dentro, che nun serve a un cacchio!


marvel [ Ven 21 Dic, 2007 16:43 ]
Oggetto: Re: Un Dotto Contributo Dottrinale
Rivfader ha scritto: [Visualizza Messaggio]
Mo’ io vojo sape’ te che ca**o ce sta a fa’ sto topic qua dentro, che nun serve a un cacchio!






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