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Off-Topic - La Guerra dei Dieci Anni



burjan [ Ven 29 Ago, 2008 23:11 ]
Oggetto: La Guerra dei Dieci Anni
Si inizia, dunque. Nelle intenzioni, dovrebbe trattarsi di una cavalcata nella storia del conflitto europeo più recente e più grave. Per farsi un'idea, per ricordare, per capire di più. Lo dedico agli utenti più giovani del forum, a quelli che non ricordano, a quelli che erano troppo piccoli per ricordare, ed anche a quelli che hanno pensato che fosse una faccenda troppo lontana, che non li riguardava.

Desidero subito chiarire che siamo su un forum, e che quindi ogni intervento di altri utenti è gradito ed apprezzato, purchè ovviamente serio e costruttivo.

Con il topic sugli Antichi Umbri siamo finiti ai primi posti di Google. Vediamo se ci riesce anche questo colpaccio.

***

1) IL CONTESTO GEOGRAFICO

Siamo in Europa orientale, d'accordo. Ma siamo anche ad un passo da casa, anzi, di più: l'ex Jugoslavia è il confine orientale dell'Italia. Ecco qua una cartina, con i confini delle repubbliche:

kos02

La vicinanza all'Italia è sconcertante: oltre al confine terrestre con la Slovenia sul Carso e sull'Istria, condividiamo un intero mare (l'Adriatico) largo in media 160 km. La distanza fra Zara e Ancona è la stessa che intercorre fra Foligno e Roma.

L'aspetto geografico del paese è quanto di più vario si possa immaginare, ma si può sostanzialmente dividere in due tipologie: alle vaste e fertili valli fluviali dell'interno (Danubio, Sava, Drina, etc.) si contrappone, più verso la costa, un ambiente selvaggio e montagnoso, magnifico dal punto di vista naturale, con vette oltre i 2000 metri sulle Alpi Dinariche e nel Montenegro, inframezzate da vasti piani carsici.

Il territorio è scandalosamente ricco di acque. Di tutto rispetto le risorse minerarie. Incalcolabili quelle forestali. Il patrimonio naturale è senza ombra di dubbio il più importante d'Europa. In Bosnia si trova la foresta di Peručica, ultimo lembo di foresta primaria d'Europa, mai toccata da mano umana, dell'estensione di 1434 ha.

Il clima è continentale, mediterraneo sulla costa (la parte costiera dell'ex Jugoslavia, per chi non lo sapesse, si chiama Dalmazia e fa attualmente parte della Croazia).


burjan [ Ven 29 Ago, 2008 23:38 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
Sul clima, naturalmente, torneremo con un topic apposito (e ci mancherebbe altro!).

2. FINO ALLA PRIMA GUERRA MONDIALE

Il paese fu anticamente popolato dagli Illiri, poi sottomessi dai Romani (province di Rezia, Macedonia, Pannonia, Illirico). Nel VI secolo fu occupato dagli Avari, poi nel VII della nostra era le tribù slave degli Sloveni, Croati, Serbi e Bulgari lo strapparono all'Impero Romano d'Oriente, sterminando la popolazione precedente (salvo che in Albania) e importando la loro lingua e cultura. Gli Slavi provenivano dall'attuale Russia. Si dividono in Slavi meridionali (tutti quelli del caso nostro) e Slavi settentrionali (solo gli Sloveni, cui si aggiungono Polacchi, Cechi, Slovacchi, Bielorussi, Russi etc.).

Per scrivere i caratteri serbocroati si puà scaricare un programma a questo sito:

http://www.worldlanguage.com/Italia...oards/Page1.htm

Croati e Sloveni abbracciarono il cristianesimo nella forma cattolica. Serbi, Macedoni e Montenegrini in quella ortodossa.

Sempre in lotta contro l'Impero Bizantino, gli Slavi erano riusciti a creare, nel XIV secolo, propri stati nazionali, fin quando, fra il 1371 (battaglia della Marizza) ed il 1516 (battaglia di Mohacs) i Turchi Ottomani non effettuarono la completa conquista della penisola balcanica, instaurando su queste terre un dominio destinato a durare, in varie forme, fino alla metà del Settecento ( a Nord) ed alla Prima Guerra Mondiale (in Macedonia, a Sud).

Fu questo un evento traumatico, decisivo, determinante per la comprensione della nostra storia. Ci dovremo tornare più e più volte, per spiegare odi, divisioni, convivenze forzate o meno fra etnie e religioni diverse fra loro. Per ora basta tenere a mente che gli Ottomani, giunti in un paese interamente cristiano, ebbero la sorpresa di trovarsi, in Bosnia, in un territorio occupato da una popolazione in parte convertita all'eresia dei Catari (bogomilismo) e per questo duramente perseguitata dalle Chiese cristiane, tanto ortodosse che cattoliche. Ebbero allora l'idea geniale di appoggiarsi a questa minoranza, favorendola in ogni modo, con un doppio risultato: la conversione all'Islam dei bogomili e l'odio incondizionato delle tribù vicine, per le quali i musulmani di Bosnia (cd. bosgnacchi) divennero semplicemente "i Turchi".

La dominazione ottomana, all'inizio dinamica e progressiva, si trasformò sempre più in un feudalesimo arretrato e violento. Fra il '500 e il '700 Slovenia e Croazia entrarono nell'Impero Asburgico, del quale divennero colonne portanti. La Dalmazia fu in gran parte conquistata da Venezia e si italianizzò.

I Serbi, la tribù più forte, riuscirono ad emanciparsi per primi, costituendo nell'800 un proprio regno, grazie ad un'alleanza strutturale, che dura ancora oggi, con Francia e Russia. Con il progressivo tracollo dell'Impero Ottomano, anche la Bosnia cadde sotto la dominazione austroungarica, nonostante che la componente serba della popolazione, fin da allora, aspirasse al ricongiungimento con Belgrado. Fu proprio un estremista serbo bosniaco, come noto, ad uccidere a Sarajevo l'Arciduca d'Austria Francesco Ferdinando, scatenando così la Prima Guerra Mondiale.

Abbiate pazienza, le radici di cotanto macello sono lunghe e contorte.


burjan [ Sab 30 Ago, 2008 23:26 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
3. LA SITUAZIONE ALLO SCOPPIO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE

Si, va bene, lo zio la prende alla larga. Ma le vicende balcaniche sono sempre complesse, bisogna sempre partire da un prima, sempre distinguere, sempre richiamare un passato. Qui sta anche il loro fascino.

Nel momento in cui Gavrilo Princip, a Sarajevo, salta sul predellino della carrozza dell'Arciduca e lo fa secco a rivoltellate,

1914-20june-2028-20gavriloprincip-20shoots-20archduke-20ferdinand

lo spazio geografico di nostro interesse vede i seguenti popoli coabitare. E c'è uno strano condominio, dove anzichè spartirsi le stanze, vivono tutti insieme, vicini di casa, con paesi in cui si ergono in contemporanea un minareto, un campanile a cipolla, uno a punta. Quel paese si chiama Bosnia. Tenetelo a mente, ragazzi.

1) SLOVENI: Di lingua slava settentrionale, religione cattolica, fedeltà asburgica. Economicamente i più avanzati.

2) CROATI: Di lingua slava meridionale, cattolicissimi, si considerano il bastione dell'Europa contro l'Islam e l'ortodossia. La loro è una società egemonizzata dalla Chiesa e dagli agrari, fedeli più all'Ungheria che all'Austria.

3) DALMATI: Lungo l'Adriatico la popolazione si ripartisce in misura uguale fra slavi e italiani. La cultura è un melting pot interessante, però gli slavi si considerano trattati male, come i fratelli minori. Ciononostante si mettono nomi propri italiani e mandano i figli a studiare a Padova, Venezia, in seminario a Roma. Non gli vanno troppo a genio neanche gli altri croati, considerati troppo grezzi. Così è ancora oggi. Le partite fra Dinamo Zagabria e Hajduk Spalato sono autentici macelli.

4) MUSULMANI DI BOSNIA E DEL SANGIACCATO: Hanno nostalgia di Istanbul, si barcamenano fra vicini che li odiano, sono concentrati nelle grandi città, di cui costituiscono la borghesia, mentre le campagne sono in prevalenza serbe e croate.

5) SERBI E MONTENEGRINI: Sono i più numerosi, i più agguerriti, di religione ortodossa, guardano alla Russia, vorrebbero imporre la propria egemonia su tutti i fratelli slavi, e comunque estendere il loro potere su tutte le terre in cui anche solo una minoranza serba abita. Peccato che economicamente se la passino troppo male per potersi armare a sufficienza.

Ecco una carta del loro regno, unico stato indipendente nel 1914:

375px-serbia1918

6) MACEDONI: Molto simili ai serbi, sono assai meno aggressivi; anch'essi ortodossi, ospitano nel loro paese una cospicua minoranza di

7) ALBANESI, diffusi soprattutto nella Metohija e nella Macedonia occidentale. Di religione in prevalenza musulmana, ma anche cattolici, grazie ad una demografia dilagante iniziano già ad infiltrarsi nel Kosovo, provincia tradizionalmente serba. Guardano anch'essi alla Turchia, ma sono meno ricchi e progrediti dei musulmani bosniaci. Per ora, in questa partita non toccano palla.


burjan [ Mar 02 Set, 2008 00:13 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
4. IL REGNO DI JUGOSLAVIA

E' il 1914 e, dunque, scoppia la Guerra. L'Austria attacca la Serbia. Fra gli altri popoli si diffonde l'idea che solo l'adesione alla monarchia di Belgrado possa consentire l'acquisizione della libertà, e quando le ostilità terminano con la disfatta delle armate asburgiche, la dinastia dei Karadjordjevic riesce finalmente ad instaurare il Regno di Jugoslavia.

Per le sue vicende di dettaglio si prega di consultare la voce di Wikipedia

http://it.wikipedia.org/wiki/Regno_di_Jugoslavia

assai ben fatta. Per i nostri scopi, basterà dire che la vita politica del regno, assai travagliata e violenta, oscillò sempre fra i poli dell'accentramento monarchico e filo-serbo ed il decentramento autonomista, con divisioni che intersecarono anche i sempre più forti conflitti di classe nel mondo contadino.

Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, il regno mantenne una posizione vicina a Italia e Germania, finendo però per essere invaso e spartito fra queste ultime. Il martirio jugoslavo ha inizio nell'Aprile 1941. Costerà al paese degli slavi del sud almeno 1 milione di morti, di cui almeno 700.000 per mano di altri jugoslavi. Sarà una pagina spaventosa, da incubo, di cui ci dovremo occupare nella prossima puntata.


burjan [ Gio 04 Set, 2008 22:51 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
5. LA GUERRA MONDIALE E LA RIVOLUZIONE TITOISTA

La Seconda Guerra Mondiale spazza la Jugoslavia come un ciclone. L'invasione tedesca, iniziata nell'Aprile 1941, fa piombare il paese nel caos più totale, dove si dà fondo agli odi interetnici ed interreligiosi in un'orgia di sangue che non conosce alcuna pietà.

La Slovenia viene senz'altro annessa alla Germania.

La Croazia viene costituita in regno indipendente, nominalmente sotto Aimone di Savoia, in realtà sotto il tallone di ferro di Ante Pavelic, capo del cosiddetto movimento "ustascia", dittatore sanguinario e fascista che intende ripulire il paese da tutte le etnie non croate. Con la sostanziale complicità, al volte con l'esplicito appoggio, delle gerarchie cattoliche, vengono sterminati centinaia di migliaia di ebrei, zingari, serbi delle Kraine. Uno zelo che stupirà gli stessi occupanti nazisti, ed è tutto dire.

Ante Pavelic

p-05


In Serbia si costituisce il movimento dei cetnici, con a capo Mihajlovic; dopo alcuni tentennamenti, finisce per appoggiarsi anch'esso ai nazisti, ma in funzione anticroata ed antimusulmana.

In questo scenario da incubo, una sola sembra per tanti jugoslavi la via d'uscita: la guerriglia comunista di Tito.
Josip Brosz, croato di Bosnia, propugna il ritorno degli slavi del sud alla pace ed all'unità, su un piano di parità e tolleranza fra le varie etnie, unitamente ad una lotta senza quartiere contro gli occupanti italo-tedeschi ed i loro collaborazionisti, in nome dell'ideologia comunista.

Tito

tito-biggest

Un mix che si rivela vincente. L'Esercito Popolare Jugoslavo diventa talmente forte e numeroso da liberare il proprio paese totalmente da solo, unico caso in Europa. Nell'aprile del 1945, alla fine, vincono i buoni, che stavolta però esagerano proprio. Nelle foibe del Carso finiscono forse 200.000 fra cetnici, ustascia, musulmani bosniaci, e purtroppo 15.000 italiani di Istria e Dalmazia, spesso innocenti.

Il Partito Comunista Jugoslavo, dopo solo un anno, ha già liquidato i suoi alleati, e diventa il partito unico della nuova Repubblica Socialista Federativa Jugoslava. Tito ne è il leader indiscusso, è il principale bastione comunista sul Mediterraneo, il suo prestigio di combattente indomito e vincente è senza limiti.

Ma, nel 1946, accade qualcosa di imprevedibile. Ne parleremo la prossima volta.


burjan [ Ven 05 Set, 2008 23:09 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
6. LE FOIBE E LA DIASPORA GIULIANO-DALMATA

Prima di parlare della Jugoslavia titoista, è doveroso, necessario, un cenno per quei 350.000 italiani che fra il 1945 e il 1947 abbandonarono le proprie case, la propria patria, per disperdersi nei mille rivoli di un'emigrazione oscura e disperata. Nel territorio sloveno e croato vivono oggi non più di 10.000 persone di lingua italiana.

E' ancor più necessario ricordare con rispetto le migliaia di nostri connazionali trucidati dai partigiani di Tito nei giorni della Liberazione e gettati nelle grotte del Carso (le "foibe").

La vicenda è stata triste, dolorosa, anche contraddittoria.

La versione dei profughi è questa

http://www.leganazionale.it/esodo/esodosardos.htm

ma mi sembra doveroso riportare anche un altro punto di vista, per quanto estremo e scomodo:

http://www.pmli.it/esodogiulianodalmati.htm

Insomma, è un altro classico capitolo delle vicende balcaniche, in cui buoni e cattivi si invertono così spesso le parti da non riuscire più a distinguere, nelle sofferenze, l'origine del male e le sue responsabilità.

Restano solo la pietà per tutti, il dolore per gli innocenti.

Ragionando freddamente, posso dire di essere certo che quei 350.000 italiani avrebbero reso la Jugoslavia comunista un paese più ricco, colto ed equilibrato. Quei 350.000 avrebbero potuto rappresentare un contrappeso fra le varie etnie slave, essere una inesauribile fonte di reclutamento di una classe dirigente non contaminata dall'odio. La loro cacciata, se così fu, prima ancora di essere un crimine fu un grande errore del titoismo.


pablo [ Dom 07 Set, 2008 11:43 ]
Oggetto: Re: La Guerra Dei Dieci Anni
come sempre post eccezionale....

ti posso chiedere alcune cose???...

forse avevi intenzione di parlarne più avanti e allora pazientemente aspetterò ma.....avevo due domande..

1) il montenegro: come mai il montenegro si è separato dalla serbia?

2) qual' è la situazione in bosnia.....questo stato è destinato ancora a separarsi di nuovo tra serbi musulmani e croati?

:bye: :bye: :bye: :bye: :bye: ......


Fili [ Dom 07 Set, 2008 11:53 ]
Oggetto: Re: La Guerra Dei Dieci Anni
Tutto molto interessante :ok: :ok: :ok:

peccato che quando ho aperto quel sito m'è venuta l'orticaria... :|


burjan [ Dom 07 Set, 2008 23:15 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
Grazie ragazzi per domande e osservazioni. Facci l'abitudine Fili, di punti di vista scomodi in questa storia bisognerà rappresentarne molti. Da tutte le svariate parti in causa.

Il Montenegro ha sempre oscillato, nella sua millenaria storia, fra un'anima costiera, cattolica, filoveneziana e filo-occidentale, ed un'altra filo-serba e ortodossa, che guarda a est. Le due anime si equivalgono numericamente; inoltre, il 17% della popolazione è musulmano, di etnia bosniaca o albanese.

Dal punto di vista etnico, è ancora aperta la questione se i montenegrini costituiscano o no una tribù slava diversa dai serbi; in ogni caso, parlano serbo.

Fino all'inizio dell'attuale decennio, la Repubblica del Montenegro è stata diretta da un gruppo dirigente vicino alla Serbia, di cui ha condiviso le scelte in ogni campo.
Invece, a partire dal 2004, con l'elezione a primo ministro di Milo Djukanovic, il paese ha scelto una linea indipendentista e filo-occidentale, anche per sfruttare meglio la favorevole posizione geografica sul mare e superare meglio il permanente isolamento diplomatico serbo.

Per quanto riguarda la Bosnia, il discorso sarebbe troppo lungo, quindi ti rispondo seccamente: se continua l'attuale crescita della potenza russa, nel giro di due anni la Repubblica Serba di Bosnia riuscirà a rendersi indipendente da Sarajevo ed a ricongiungersi con Belgrado. Croati e musulmani, invece, sono destinati a convivere forzosamente insieme.

Per chi volesse saperne di più sul Montenegro, è recentemente uscito un bel libro di Antun Sbutega, che ho letto e vi consiglio:

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curato da Maurizio Serio per la casa editrice Rubbettino.


burjan [ Dom 07 Set, 2008 23:41 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
7. LA JUGOSLAVIA DI TITO

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Gli Jugoslavi sono gli unici, all'Est, ad essersi liberati da soli, e a non avere l'Armata Rossa dentro casa. Fin dall'inizio, quindi, Tito, nonostante le professioni di lealtà a Stalin, può sviluppare una sua politica autonoma, che ben presto, già nel 1946, lo porterà a scontrarsi col dittatore georgiano e a separarsi dal movimento comunista internazionale.

Viene nel frattempo costruita l'architettura istituzionale dello Stato: Slovenia, Croazia, Bosnia - Erzegovina, Serbia, Montenegro e Macedonia costituiscono altrettante repubbliche, mentre all'ungherese Voivodina ed all'ormai albanesizzato Kosovo viene dato lo status di province autonome entro i confini serbi. Ampi, fin dall'inizio, i poteri delle repubbliche, a scapito di quelli federali; l'unica istituzione unitaria forte è l'Armata Popolare Jugoslava, (JNA), terzo esercito d'Europa, custode dei valori dell'unità nazionale e del comunismo titoista.

La Jugoslavia titoista imbocca la strada della pianificazione centralizzata, ma progressivamente vi associa tentativi di autogestione delle fabbriche da parte dei lavoratori; i maggiori successi del modello si registrano in Slovenia, che, alla vigilia dell'indipendenza, col 7% della popolazione produrrà il 25% del PIL federale. In Serbia e Bosnia si trovano invece le maggiori industrie energetiche, meccaniche e degli armamenti, spesso antiquate e in perdita.
La Croazia, specie dagli anni 70 in poi, inizia a fondare la sua economia sul turismo e sull'agroalimentare (bonissima la birra di Karlovac!).

karlovacko_pivo

Questa differenziazione economica si sovrappone a quelle etniche, e le spinte centrifughe sono sempre in agguato.

Solo la forte personalità di Tito riesce a tenere faticosamente tutto insieme, ma talvolta non basta: quando le repubbliche settentrionali tirano troppo la corda, spuntano i carri armati.

Ma è in politica estera che la Jugoslavia coglie i maggiori successi. Insieme all'indiano Nehru, Tito fonda il Movimento dei Non-Allineati: nè con l'est nè con l'ovest, socialismo innovativo, ricerca di nuove vie adatte a società tradizionali non industrializzate. A parole è tutto molto bello, in pratica il legame con gli USA, che foraggiano sottobanco, diventa sempre più forte.

Nel 1980 termina la lunga parabola di Tito. Lascia un paese preoccupato, pieno di debiti, ma con l'indipendenza nazionale salva, un grande prestigio internazionale, con 35 anni di pace e dove bene o male la gente mette insieme il pranzo con la cena. Poteva andare molto peggio, andrà molto peggio.


burjan [ Mar 09 Set, 2008 00:10 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
SCHEDA N. 1 - I LAGHI DI PLITVICE

Ecco la prima delle schede a sfondo ecologico che inseriremo in questa trattazione. Sarà un modo per spezzare il ritmo degli ammazzamenti, e per ricordarci che stiamo parlando di un paese meraviglioso, con bellezze senza pari in Europa.

I laghi di Plitvice (leggi Plitvitze), nell'entroterra croato, sono senza alcun dubbio la più straordinaria: la prima meta ambientale e paesaggistica di tutta la penisola balcanica.

Chi volesse avere un'inquadratura generale, anche fotografica, può cliccare qui

http://www.croaziainfo.it/Plitvice.html

e questa è la versione inglese del sito ufficiale del Parco:

http://www.np-plitvicka-jezera.hr/c....aspx&pageID=87

comunque su Google c'è di tutto e di più, e meritatamente. L'attrattiva di questo regno dell'acqua è senza pari, lasciatevelo dire da uno che c'è stato e che ne porterà il ricordo imperituro.

Su queste montagne e foreste si incontrano tutte le zone climatiche ed ecologiche europee. A chi scrive è capitato di vedere un rigoglioso cespo di origano fiorire sotto un alto abete bianco, una magnifica vipera aspis nuotare tranquilla in un laghetto cristallino. Mediterraneo e Nord si incontrano a braccetto, qui ai confini della Krajina, dove una buona parte della popolazione, prima del 1995, apparteneva all'etnia serba.

All'alba del 31 marzo 1991, fu proprio a Plitvice che si verificarono i primi scontri fra serbi della Krajina e poliziotti croati.
Causa scatenante, la decisione di Zagabria di istituire nel cuore del parco una stazione di polizia lealista, etnicamente pura e composta di soli croati. La battaglia per la conquista dell'ufficio postale costerà la vita un poliziotto croato e ad un ribelle serbo. Tutto questo, fra lo stupore dei duecento turisti italiani presenti.

Nelle settimane seguenti, il parco sarà definitivamente occupato dai ribelli serbi, fino alla riconquista croata della regione nell'estate del 1995.

Ultima curiosità: i chilometri di scalette di legno che ne rendono facilmente percorribili i sentieri furono messe in opera subito dopo la Seconda guerra mondiale, utilizzando come manodopera i prigionieri di guerra italiani.


burjan [ Lun 15 Set, 2008 23:36 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
8. DOPO TITO, ANCORA TITO? MAGARI!

Invece l'artefice della Jugoslavia con la stella rossa muore nel 1980, senza aver individuato una chiara successione. La Costituzione del 1974 prevede una Presidenza collegiale, in cui si alternano ogni anno i rappresentanti delle varie repubbliche. Ma non funzionerà.

Il debito continua a crescere. Le economie delle repubbliche marciano sempre più a diverse velocità, in Slovenia emergono i primi movimenti a carattere democratico e filo-occidentale.

Nel Kosovo divampano i primi scontri interetnici fra la maggioranza albanese e la minoranza serba. Nel 1986 il segretario della Lega dei Comunisti della Serbia, il giovane e sconosciuto ex - economista Slobodan Milosevic, viene invitato a partecipare alla cerimonia annuale di commemorazione della battaglia di Kosovo Polje. Scoppiano scontri fra dimostranti serbi e polizia kosovara, il segretario regionale Azim Vlasi lo implora di prendere la parola per calmare i compatrioti, e lui invece tira fuori un discorso memorabile, in cui urla "nessuno ha il diritto di bastonarvi" e soffia sul fuoco della violenza e del nazionalismo filo-serbo. E' nato un dittatore.

milosevic-1

Nel 1988, gli ingredienti della bomba sono tutti pronti. Il paese è allo stremo, l'inflazione alle stelle. Ci si affida all'ultima carta: dagli USA viene richiamato in patria il valente economista croato Ante Markovic. E lui, con un programma di draconiane riforme economiche e monetarie, sembra riuscire nel miracolo. L'inflazione è stoppata, il dinaro agganciato al marco: per chi lavora con moneta pregiata e scambia con l'estero, si aprono nuove e inedite prospettive.

ante_markovic

In realtà, sarà proprio la locomotiva della ripresa economica a far staccare, mano a mano, tutti i vagoni del treno.


burjan [ Lun 22 Set, 2008 19:18 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
9. LA CRISI DELLA JUGOSLAVIA COMUNISTA, VERSO LA GUERRA.

Gli storici lo troveranno bizzarro, ma proprio dalla Slovenia, che dovrà piangere, di gran lunga, il minor numero di morti, parte il meccanismo che porterà al crollo della Federazione.

la Repubblica è sempre stata, come abbiamo visto, all'avanguardia dei processi di trasformazione economica e sociale. Già dalla seconda metà degli anni Ottanta è attivo, anche dentro la Lega dei Comunisti, un processo di riflessione e di critica nei confronti dell'autoritarismo del sistema politico, della predominanza degli interessi serbi, dello strapotere delle gerarchie militari.

Il 31 Maggio 1988 alcuni giovani giornalisti, rei di aver pubblicato documenti segreti della JNA (l'Armata federale) sull'instaurazione della legge marziale, vengono condannati a pesanti pene detentive da parte di un tribunale militare. Uno di essi è Janez Janša, futuro Ministro della Difesa e successivamente Primo Ministro.
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Capo dei comunisti sloveni è il gorbacioviano Milan Kučan, una personalità di grande levatura morale, tormentata e complessa. Fino all'ultimo, cercherà di rendere conciliabili Jugoslavia, socialismo, democrazia e libertà per gli sloveni, ovviamente non riuscendoci, ma riuscendo invece a restare brillantemente in sella e a risparmiare, al suo paese, i lutti e i dolori altrui.

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Nel gennaio 1989 Kucan decide di rinunciare al monopolio politico; la Slovenia è il primo paese dell'Europa orientale in cui ciò accade. La primavera politica di Lubiana suscita un'ondata di indignazione in Serbia, dove invece, nel frattempo, i comunisti - nazionalisti di Milosevic riescono ad impadronirsi del potere: non solo a Belgrado, ma anche in Montenegro, Kosovo e Voivodina, acquisendo così almeno un diritto di veto nell'ambito della Presidenza federale jugoslava, composta da otto membri. In tutti e tre i casi, ma soprattutto nel Kosovo, la presa del potere avviene con veri e propri atti di forza, con i carri armati per le strade e i deputati costretti a votare a forza la propria esautorazione.

Nelle prime libere elezioni, il liberaldemocratico Janez Drnovšek diventa presidente della Repubblica. Nei mesi immediatamente seguenti, inizia il faticoso processo di risanamento economico guidato dal premier croato Markovic. Quest'ultimo, incurante dei conflitti nazionali, affiderà le speranze di conservazione dell'unità nazionale ai soli successi economici. E' un grave errore.

Il 28 giugno 1989, sulla spianata del Campo dei Merli, in occasione del seicentesimo anniversario della sconfitta subita dai serbi ad opera dei turchi, Miloševic, davanti a un milione di persone, chiama i serbi alle armi per la difesa della propria "libertà" e a non dare ascolto alle sirene del benessere promesso da Markovic.

Il monumento alla battaglia:

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Nel gennaio 1990, di fronte al muro opposto da Milosevic di fronte a qualsiasi richiesta di rinnovamento e di pluralismo, i delegati sloveni al XIV congresso della Lega dei Comunisti Jugoslavi decidono di abbandonare il partito, seguiti dai croati. Anche i delegati croati di lingua serba si associano alla decisione dei loro connazionali.

Il 1989 è, ad ogni effetto, il primo anno di guerra.


burjan [ Lun 22 Set, 2008 22:33 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
SCHEDA N. 2 - ELEZIONI IN SLOVENIA

Si sono svolte l'altro ieri. Ecco il riassunto del loro esito sulle pagine del sito ANSA:

(ANSA) - LUBIANA Il 'terzetto di sinistra', come e' stata soprannominata la coalizione dei socialdemocratici di Borut Pahor e dei due partiti liberali che ieri hanno vinto le elezioni politiche in Slovenia, si trova di fronte ad una nuova sfida: formare una coalizione capace di governare il Paese per i prossimi quattro anni. I Democratici sociali (Ds) di Pahor, i liberali di Zares (Davvero) e i Liberal-democratici (Lds) hanno insieme 43 deputati sui 90 del parlamento di Lubiana, tre in meno della maggioranza necessaria.



In attesa che questi risultati vengano ufficialmente confermati dalla Commissione elettorale, probabilmente tra una decina di giorni quando verranno contati anche i voti degli sloveni all'estero, Pahor si e' gia' messo alla ricerca del quarto membro della futura coalizione. La scelta sembra scontata: il Partito dei pensionati (Desus), adesso parte della coalizione sconfitta di centro-destra del premier Janez Jansa, che con il 7,5 per cento e sette deputati e' diventato il quarto partito del Paese e l'ago della bilancia della futura maggioranza. Il loro leader, il ministro della difesa Karl Erjavec, si e' detto disposto a negoziare con Pahor e a far parte della coalizione di centro-sinistra, di cui fece parte nei governi degli anni Novanta. Il primo incontro tra i due, secondo i media sloveni, e' stato fissato per venerdi'.



Desus avrebbe gia' chiesto tre ministeri. Erjavec ha dichiarato che la sua richiesta non puo' andare al di sotto di ''una crescita delle pensioni medie di almeno il dieci per cento e di maggiori spese per la sanita' pubblica''. I mezzi per realizzare questi progetti dovrebbero arrivare dalle privatizzazioni di alcune delle maggiori aziende pubbliche. La stampa di Lubiana prevede trattative lunghe e difficili ''perche' Erjavec - scrive il quotidiano Dnevnik - e' noto per essere un osso duro, che non cede facilmente, specie quando in gioco ci sono le pensioni del suo elettorato''. (ANSA). COR
22/09/2008 17:11


burjan [ Ven 26 Set, 2008 23:34 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
SCHEDA N. 3 - DEMOLITO IL MURO FRA BAMBINI CROATI E ITALIANI

(ANSA-AFP) - ZAGABRIA, 26 SET - Gli alunni di tre scuole croate e italiane situate nello stesso edificio a Buie, localita' croata dell'Istria, hanno demolito oggi un muro recentemente costruito per separarli. Lo hanno riferito fonti ufficiali. Buie ha circa 5.300 abitanti, il 30% appartengono alla minoranza italiana e godono di autonomia sul piano culturale, linguistico e scolastico. Nella scuola, il muro (di cartongesso) era stato costruito poco prima della ripresa delle lezioni su richiesta del direttore della scuola italiana Claudio Stocovaz che aveva addotto motivi di sicurezza. La decisione aveva pero' subito suscitato scandalo nel consiglio comunale e, ha riferito un responsabile del municipio di Buie, Mauricio Simkovic, ''alcuni consiglieri hanno parlato di segregazione. La questione etnica qui e' molto delicata. E' chiaro che l'opinione del Comune sulla vicenda e' che questa costruzione non ha ragione d'essere''. Gli studenti comunque hanno gia' preso la loro decisione e il muro costruito in un corridoio che collega i locali di una scuola della minoranza italiana con quelli di due altre scuole croate e' stato rapidamente buttato giu'. Stocovaz si e' difeso affermando che la vicenda e' stata ''politicizzata'', ma ha concluso che il muro verra' fatto togliere completamente. (ANSA-AFP). BA
25/09/2008 16:15


burjan [ Sab 27 Set, 2008 22:43 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
10. 1990: IL DISASTRO E' DIETRO L'ANGOLO, MA NESSUNO CI CREDE.

Siamo ormai alle porte del dramma. Gli ingredienti per la miscela esplosiva ci sono tutti. Nel gennaio 1990 la Lega dei Comunisti Jugoslavi, il collante ideologico del paese, si è dissolto. Sloveni e Croati hanno abbandonato il Congresso; nelle due repubbliche del nord viene dichiarata la fine del monopartitismo comunista.

Finita l'ideologia, le riforme economiche di Marković hanno definitivamente convinto tutti che neanche l'interesse tiene insieme la grande famiglia degli slavi del Sud, dove gli uni inseguono il miraggio dell'Europa ricca e gli altri guardano al passato più tenebroso.

Dipanare il filo degli avvenimenti, sempre più convulsi, drammatici e complessi, diventa difficile. In casi come questo, ci aiuta il metodo cronologico. Cercheremo di far riandare la memoria a quei giorni, accompagnando i crudi fatti con schede e documenti, con filmati d'epoca, con interviste a sorpresa. Questa è una storia in gran parte ancora da scrivere.

3 febbraio 1990: I comunisti sloveni decidono di cambiare nome al loro partito, che diventa il Partito del Rinnovamento Democratico.

3 marzo 1990: la Slovenia vota una serie di emendamenti costituzionali, che sanciscono l'autonomia economica della Repubblica ed il suo diritto a regolare da sola i rapporti col resto della Jugoslavia.

8-12 aprile: prime elezioni democratiche in Slovenia. L'opposizione di centro-destra, il Demos, ottiene a sorpresa la maggioranza dei seggi in Parlamento ( Ždravni Zbor), mentre Milan Kučan diventa Presidente della Repubblica.

Maggio 1990: Clamoroso esito delle prime elezioni democratiche in Croazia. L'Hdz (Comunità democratica Croata)

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, fondato dall'ultranazionalista ex generale Franjo Tudjman, batte gli ex comunisti guidati da Ivica Račan. Lo stesso Tudjman viene eletto presidente. Nella campagna elettorale avranno un peso determinante i fondi (si parla di quattro milioni di dollari) elargiti dall'emigrazione croata negli USA, soprattutto proveniente dall'Erzegovina. La Chiesa Cattolica spiegherà tutta la sua influenza per far vincere l'Hdz, che si riallaccia esplicitamente al movimento ustascia e lancia la parola d'ordine dell'unità di tutti i croati, anche a danno della Bosnia, con un atteggiamento ostile nei confronti della minoranza serba delle Krajine. Al suo insediamento, Tudjman inaugurerà il nuovo stemma croato: la šahovnica, la scacchiera dei tempi di Pavelić. Ce n'è abbastanza per allarmare i serbi e alimentare il corrispondente nazionalismo di Milosevic.

Ecco un video su quei giorni della vittoria di Tudjman e sui primi scontri in Krajina

http://it.youtube.com/watch?v=kw-sJAbtKQw

e questa è la nuova bandiera croata.

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Agosto 1990: I serbi della Krajina annunciano un referendum unilaterale sull'autonomia delle aree da loro abitate. Il governo di Zagabria lo impedisce con la forza. I serbi innalzano le prime barricate, per ora non ci sono episodi di violenza.

4 ottobre 1990: Slovenia e Croazia presentano una proposta comune di confederazione, basata sul rispetto dei diritti umani, sull'economia di mercato e sul pluralismo. Il presidente di turno della federazione, il serbo Jovic,
risponde con quella di una federazione governata da un forte potere centrale.

23 dicembre 1990: l'88,2% degli elettori sloveni dicono SI al referendum, in cui si propone di creare una Slovenia sovrana e indipendente, dentro la Jugoslavia o al di fuori di essa.


burjan [ Lun 13 Ott, 2008 23:47 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
11. 1991. LE GUERRE DI SLOVENIA E DI CROAZIA.

Cronologia degli avvenimenti:

22 febbraio: il parlamento di Zagabria adotta la risoluzione sulla dissoluzione della Jugoslavia, proposta dalla vicina Slovenia.

3 Marzo: i serbi di Pakrac, in Croazia, occupano alcuni edifici pubblici, si impossessano di armi ed ingaggiano i territoriali croati.

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16 marzo: si sfascia la presidenza federale. Tutti si dimettono da tutto, Milosevic dichiara la Serbia indipendente.

30 marzo: a Plitvice scontri tra la polizia croata e i serbi di Krajina davanti a centinaia di turisti. Ci si contende la gestione del Parco Nazionale.

http://it.youtube.com/watch?v=wFeMiHjRnf8

2 maggio. Massacro di 12 poliziotti croati a Borovo Selo, nella Slavonia orientale, da parte di estremisti serbi.

10 maggio: l'Assemblea federale jugoslava si scioglie.

12 maggio: un referendum autogestito dichiara l'indipendenza della Krajina serba dalla Croazia.

15 maggio: la Serbia rifiuta il presidente federale di turno, il croato Stipe Mesic.

19 maggio: un referendum sancisce l'indipendenza della Croazia.

25 giugno: Slovenia e Croazia proclamano la propria indipendenza.

http://it.youtube.com/watch?v=g_p8mY1QIdU

26 giugno: L'esercito federale (JNA) prende possesso dei posti di frontiera sloveni verso Austria e Italia.

26 giugno - 8 luglio. Guerra dei Dieci Giorni fra esercito federale jugoslavo e milizie territoriali slovene. Solo 70 i morti, ma grande l'emozione in tutto il mondo. I combattimenti sono molto frammentati, concentrati sui posti di frontiera: desta sensazione l'attacco dei Mig federali sugli arereoporti di Lubiana e Maribor. I goriziani assistono allo "spettacolo" della guerra dall'altra parte della strada.

http://it.youtube.com/watch?v=HyMoLTg9bpo&feature=related

1° luglio. Grazie alla mediazione U.E., Stipe Mesic è eletto presidente federale.

2 luglio. Il generale Adžić, capo di stato maggiore federale, dichiara lo stato di guerra con la Slovenia. Il suo minaccioso discorso alla tv sembra preludere ad un golpe filojugoslavista e di restaurazione comunista, che viene di fatto impedito da Milosevic.

8 luglio. Compromesso di Brioni, raggiunto grazie alla mediazione U.E. Si firmano un cessate il fuoco e una moratoria di tre mesi sull'indipendenza di Slovenia e Croazia. Inizia il ritiro federale dalla Slovenia. Vengono inviati osservatori U.E.

Agosto. Si intensificano gli scontri interetnici nella Slavonia orientale e nella Krajina. La JNA prende regolarmente posizione in favore dei serbi.

19 agosto. La JNA comincia a bombardare Vukovar, primo centro croato dopo il confine con la Serbia. Una poderosa formazione corazzata parte da Belgrado e si dirige verso la città, difesa dagli estremisti ustascia del Partito croato del diritto (Hos). Inizia un feroce assedio, che avrà termine solo il 17 novembre con la conquista federale della città. Almeno 1700 paramilitari croati e migliaia di soldati federali rimangono uccisi. La città è rasa al suolo. Inimmaginabili le atrocità.

http://it.youtube.com/watch?v=BEY0B_cCnD8&feature=related

7 settembre. Cominciano i negoziati di pace all'Aja, sotto la presidenza di Lord Carrington.

8 settembre. Referendum ed indipendenza della Macedonia.

12 settembre. Il presidente federale Mesic ordina alla JNA di evacuare le caserme in Croazia. L'ordine non viene eseguito.

25 settembre. Il Consiglio di Sicurezza dell'ONU vota l'embargo sulle forniture di armi alla Jugoslavia. Chi ci rimette sono sloveni e croati, mentre la JNA di armi ne ha fin troppe.

2 ottobre. JNA e paramilitari montenegrini iniziano l'attacco alla città croata di Dubrovnik, la perla dell'Adriatico. Comincia l'assedio. I villaggi dei dintorni sono distrutti. Combattimenti anche nei dintorni di Zara e Sebenico.

http://it.youtube.com/watch?v=LYT_AD6o3YI

7 ottobre. I Mig federali bombardano Zagabria. Da alcune settimane i croati rifiutano di rifornire di cibo le caserme federali ancora presidiate. Colpito anche il palazzo presidenziale.

8 ottobre. Scade la moratoria di 3 mesi firmata a Brioni. Slovenia e Croazia sono definitivamente indipendenti.


burjan [ Lun 17 Nov, 2008 23:26 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
In attesa di riprendere il topic, dopo i fuochi d'artificio della meteo, una gradevolissima pausa.

http://www.repubblica.it/2006/08/ga...y-croato/1.html

Per ricordarci che i Balcani sono anche caratterizzati da una bella gioventù. 8))


Fili [ Lun 17 Nov, 2008 23:30 ]
Oggetto: Re: La Guerra Dei Dieci Anni
:roftl: mi sembrava troppo serio sto Topic infatti :roftl:


burjan [ Gio 27 Ago, 2009 17:58 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
Chissà, prima o poi riuscirò a finire questo topic... il problema è che avevo cominciato troppo bene, e adesso mi scoccia tirare a chiudere in fretta. Intanto, un pò di attualità.

SARAJEVO - Si aprono le porte del carcere per altri due presunti criminali di guerra serbo-bosniaci. Petar Civcic, 39 anni, e Branko Topola, 41, sono stati arrestati oggi a Prijedor, nel nord ovest della Bosnia. Sono sospettati di aver partecipato al massacro, da parte del "plotone d'intervento" della polizia di Prijedor, di oltre duecento uomini, musulmani e croati, fucilati il 21 agosto 1992 sull'orlo di un burrone profondo 70 metri a Koricanske Stijene, sul monte Vlasic, in Bosnia centrale. Per questo crimine di guerra altri nove poliziotti di Prijedor sono sotto processo davanti al tribunale di Sarajevo, mentre Darko Mrdja, che ha confessato di aver partecipato attivamente al massacro, e' stato condannato, nel 2004, a 17 anni di reclusione dal Tribunale internazionale dell'Aja. (RCD)


burjan [ Dom 06 Set, 2009 15:31 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
Le vicende della guerra balcanica continuano a sollecitare l'immaginario collettivo. Guardate chi vince il Campiello quest'anno...

http://www.corriere.it/cultura/09_s...44f02aabc.shtml


il fosso [ Lun 07 Set, 2009 00:05 ]
Oggetto: Re: La Guerra Dei Dieci Anni
Gran bel topic Zio :inchino:
Non c'è fretta, finiscilo come si deve se hai modo :ok:


burjan [ Lun 07 Set, 2009 23:14 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
Se lo dice lui..... :?

(ANSA) - BELGRADO, 21 AGO - Radovan Karadzic, l'ex leader dei serbo-bosniaci sotto processo per crimini di guerra al Tribunale penale dell'Aja (Tpi), ha accusato le potenze occidentali di aver provocato la dissoluzione della Federazione jugoslava e di aver imposto la guerra in Bosnia per favorire i loro interessi strategici. In un'intervista con domande scritte al Financial Times, Karadzic ha detto di aver gia' cominciato a ''chiedere informazioni a paesi come Germania, Francia, Regno Unito e Stati Uniti'', per dimostrare in modo dettagliato come tali paesi abbiano posto i loro interessi strategici al di sopra della pace fra le varie comunita' etniche nei Balcani. ''La dissoluzione della Jugoslavia non era nell'interesse dei popoli della Jugoslavia, ma interessava a certe potenze occidentali...dopo la morte di Tito'', ha affermato Karadzic. Radovan Karadzic, arrestato poco piu' di un anno fa a Belgrado dopo 13 anni di latitanza, sta preparando la sua difesa al processo che si aprira' tra breve al Tribunale dell'Aja. ''Io spero che con il mio processo il popolo bosniaco potra' rendersi conto di quello che fu fatto a noi dalla comunita' internazionale, e del modo in cui fummo manipolati'', ha detto Karadzic, che ha inoltre chiesto a Italia e Malta chiarimenti sulle consistenti forniture di armi all'esercito bosniaco, contro il quale combattevano i suoi uomini. Il processo a Karadzic si aprira' tra qualche settimana, dopo che ieri il presidente del Tpi ha detto che non vi sono ostacoli all'avvio del dibattimento. Karadzic intende difendersi da solo - come fece l'ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic, morto d'infarto nel 2006 proprio durante il processo - e per questo sta mettendo a punto personalmente il dispositivo tattico da adottare nel dibattimento. Respingendo ogni responsabilita' personale per la guerra di Bosnia - che provoco' oltre 100 mila morti e due milioni di profughi - Karadzic ha detto al Financial Times che i bosniaci avrebbero dovuto accettare l'accordo messo a punto dall'Unione europea poco prima dello scoppio della guerra, che prevedeva la divisione della Bosnia in tre separate comunita' etniche. ''La guerra in Bosnia e' stata inutile. Dopo aver respinto l'accordo di Lisbona del 1992, i musulmani si sono ritrovati nel 1995 (dopo la guerra, ndr) con lo stesso territorio'', ha detto Karadzic. (ANSA). QN
21/08/2009 19:12


burjan [ Mar 27 Ott, 2009 21:19 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
Liberata Biljiana Plavsic. Una protagonista di quegli anni in Bosnia ha scontato il suo debito con la giustizia internazionale. Chissà se ora vorrà raccontare qualcosa di nuovo sui molti retroscena ancora da chiarire.

STOCCOLMA - Biljana Plavsic, ex presidente dei serbi di Bosnia Erzegovina condannata nel 2003 a 11 anni di reclusione per crimini contro l'umanità commessi durante la guerra in Bosnia Erzegovina, è stata rilasciata oggi in Svezia, dove scontava la pena cui l'aveva condannata il Tribunale penale internazionale per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia. E il tribunale dell'Aja oggi è convocato per l'udienza del processo al leader serbo-bosniaco Radovan Karadzic, che ieri ha boicottato l'apertura. Karadzic ha dichiarato di volersi difendere da solo e i giudici hanno sospeso il procedimento per assenza del difensore. Ma oggi il processo riprende anche senza l'imputato.

Il rilascio di Plavsic. A dare notizia della liberazione di Plavsic è stata l'autorità carceraria svedese. Il governo di Stoccolma aveva approvato la settimana scorsa il rilascio della Plavsic in linea con quanto previsto dalla legge svedese che consente la liberazione dopo che l'imputato ha scontato due terzi della condanna. L'ex leader serbosniaca è stata accompagnata all'aeroporto Arlanda dove è salita su un aereo che la attendeva ed ha quindi lasciato il paese, diretta a Belgrado. "Biljana Plavsic era contenta di essere rilasciata e questo è tutto ciò che la interessava in quel momento", ha dichiarato il direttore generale dell'autorità carceraria, Lars Nylen.

Plavsic, 79 anni, ha scontato la pena nel carcere di Hinseberg, 200 chilometri ad ovest di Stoccolma. La Svezia aveva recentemente comunicato alla corte dell'Aja della possibilità di un rilascio anticipato per la Plavsic, mossa alla quale la Corte non si era opposta.

La Plavsic aveva riconosciuto le proprie responsabilità in quanto vice presidente dell'autoproclamata repubblica serba di Bosnia nella campagna di persecuzione e pulizia etnica attuata dalle forze serbe contro i musulmani e i croati della ex repubblica jugoslava e che portò alla morte di 100.000 persone tra il 1992 e il 1995. Plavsic era diventata presidente della Republika Srpska nel 1996 dopo la fine della guerra e la fuga di Radovan Karadzic, arrestato nel luglio del 2008 dopo anni di clandestinità, il cui processo si riapre oggi all'Aja. Plavsic si consegnò volontariamente ai giudici dell'Aja nel 2001 e nell'ottobre del 2002 ha ammesso a propria colpevolezza.

Processo Karadzic. Anche il secondo giorno del processo contro Radovan Karadzic, l'ex leader dei serbi di Bosnia accusato di genocidio, si apre oggi senza l'imputato in aula. I giudici del Tribunale penale internazionale (Tpi), che ieri hanno aggiornato l'udienza sperando che l'ex leader serbo cambiasse idea e assistesse al suo processo, daranno la parola al procuratore che leggerà gli 11 capi d'accusa.
"Anche senza l'imputato, il processo andrà avanti", aveva detto ieri il giudice che presiede il Tpi, O-Gon Kwon. Ai magistrati tocca oggi decidere se assegnare a Karadzic un avvocato d'ufficio, anche contro la sua volontà, oppure se rimandare le prossime udienze di qualche mese, concedendo all'imputato almeno una parte del tempo in più che chiede per preparare la sua difesa. Karadzic si difende da solo, con l'aiuto di una squadra di legali.
Crimini in Bosnia, libera la Plavsic Karadzic boicotta ancora il processo

Radovan Karadzic

Ma sul Tpi pesa il suo mandato in scadenza nonché le pressioni delle vittime, le Madri di Srebrenica in particolare, che sono state ammesse tra il pubblico del processo e che ieri hanno protestato fuori dal Tribunale chiedendo ai giudici di andare avanti perché il processo finisca e Karadzic venga condannato al più presto


burjan [ Gio 26 Mag, 2011 22:40 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
Hanno catturato Ratko Mladic. Il boia di Srebrenica sarà consegnato alla giustizia internazionale. Speriamo che sia anche un altro passo verso la verità su quegli anni terribili.

http://www.corriere.it/esteri/11_ma...52c3da2ae.shtml


marvel [ Ven 27 Mag, 2011 14:51 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
burjan ha scritto: [Visualizza Messaggio]
Hanno catturato Ratko Mladic. Il boia di Srebrenica sarà consegnato alla giustizia internazionale. Speriamo che sia anche un altro passo verso la verità su quegli anni terribili.

http://www.corriere.it/esteri/11_ma...52c3da2ae.shtml


Era ora! :inchino: :inchino: :inchino:
:ok:


burjan [ Ven 10 Giu, 2011 23:50 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
La notizia di oggi è davvero storica. Dal 2013 la Croazia è nella U.E..

E' il punto d'approdo di un lungo percorso, cominciato in modo non certo convincente.

Per fortuna i tempi cambiano, e non sempre in peggio. Adesso speriamo che il processo di integrazione riesca a coinvolgere anche le altre repubbliche ex jugoslave.

Da "IlCorriere.it":

MILANO - L'Unione europea accoglie un 28esimo membro: la Croazia. Che, a pieno diritto, potrebbe entrare nell'Ue dal primo luglio del 2013. Adesso l'adesione di Zagabria dovrà essere confermata dai 27 Paesi. Ad annunciarlo è stato il presidente dell'esecutivo comunitario José Manuel Barroso definendo quella di venerdì 10 giugno «una giornata storica per la Croazia e per l'Unione europea». L'ultimo allargamento dei confini Ue risale al 2007, quando entrarono la Bulgaria e la Romania. L'ok dell'esecutivo comunitario all'ingresso della Croazia è giunto dopo cinque anni abbondanti di negoziati non facili e dovrà ora essere approvato dal Consiglio dei ministri degli Esteri (la prima occasione è fissata per la riunione che si terrà a Lussemburgo il 20 giugno prossimo) e dal vertice europeo del 23-24 giugno.
UN SEGNALE PER L'EUROPA - «In questo momento significativo - ha commentato Barroso - voglio applaudire le autorità croate, in particolare l'attuale governo, per il duro lavoro degli ultimi anni. Ma, ancora più importante, mi voglio congratulare con la popolazione della Croazia». Un passo «importante» ha detto ancora Barroso e «un segnale per il resto dell'Europa sudorientale che mostra che l'allargamento funziona, che l'Ue mantiene i suoi impegni e che le riforme strutturali hanno buoni risultati nei paesi».


I COMMENTI - Zagabria, ha precisato il commissario all'Allargamento Stefan Fule, soddisfa tutti i criteri per l'ingresso in Ue e i progressi effettuati, anche nel delicato settore della lotta alla corruzione, «sono irreversibili». Soddisfatto per la decisione della Commissione anche il ministro degli Esteri Franco Frattini che ha aggiunto che il percorso dell'Ue «non è terminato», ma la conclusione dei negoziati di adesione della Croazia con l'Unione europea è il risultato di «un impegno straordinario» del governo di Zagabria, sostenuto «con convinzione» dall'Italia. «Siamo felici e orgogliosi di aver raggiunto questo importante obiettivo» ha commentato il ministro degli Eteri Croato, Gordan Jandrokovic. «Quest'anno - ha proseguito Jandrokovic - festeggiamo 20 anni della nostra indipendenza. È un bel regalo la fine dei negoziati e credo che ce lo siamo meritato. Abbiamo soddisfatto 127 criteri per il riconoscimento e siamo soddisfatti che la Commissione europea lo abbia riconosciuto».


burjan [ Lun 29 Ago, 2011 00:01 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
Risorge, fra mille difficoltà, la biblioteca di Sarajevo, incendiata nel 1992. Da questo episodio, una magnifica canzone dei CSI.

http://www.balcanicaucaso.org/aree/...Sarajevo-101796


burjan [ Mar 29 Nov, 2011 23:37 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
E' morto Ante Markovic, grande ed ultimo primo ministro jugoslavo. Sia reso il dovuto omaggio ad un uomo che amò la pace ed il suo paese. Si discute di parallelismi fra la Jugoslavia del 1989 e l'Europa di oggi. Andiamo bene!

Da "Osservatorio Balcani Caucaso":

All'età di 87 anni è morto Ante Marković, l'ultimo premier della Jugoslavia. Alla fine dell'89 aveva introdotto un coraggioso processo di riforme per cercare di salvare il Paese in profonda crisi economica. Il suo progetto fallì miseramente sotto i colpi del nazionalismo. Una situazione che oggi ad alcuni analisti ricorda da vicino l'attuale crisi europea, tanto da bollarla come "sindrome jugoslava"
Era un uomo d’altri tempi, non c’è che dire. Ante Marković era nato a Konjic in Bosnia Erzegovina il 25 novembre 1924. Diplomato alla Facoltà di Elettrotecnica di Zagabria nel 1954, svolse la sua carriera professionale quasi interamente come direttore dell’azienda zagabrese “Rade Končar". Iniziò ad occuparsi di politica nel 1982 e in breve arrivò al vertice della presidenza dell’allora Repubblica socialista di Croazia. Alla maggior parte del pubblico internazionale Marković è conosciuto però per essere stato l’ultimo premier di quella che fu la Jugoslavia. Lo divenne nel marzo 1989 a seguito delle dimissioni di Branko Mikulić, e rimase in carica fino al 1991, quando restituì il mandato e abbandonò per sempre la politica.
Marković passerà alla storia per essere stato non solo l’ultimo premier federale, ma soprattutto per aver cercato, invano, di salvare la Federazione. Alla fine del 1989 avviò un poderoso e coraggioso programma di riforme con cui riuscì in poco tempo a stabilizzare il dinaro ancorandolo al marco tedesco, ridurre l’inflazione e avviare un processo di privatizzazioni vendendo le azioni delle aziende pubbliche ai lavoratori. Era il 1989, l’allora premier presentò il suo programma come una “nuova forma di socialismo”.
La sua più alta ambizione fu però quella di mettere d’accordo le repubbliche, all’epoca già in aperto conflitto. Trovò sul suo cammino da una parte Slobodan Milošević, che non fece che boicottare la volontà riformista di Marković e dall'altra le spinte secessioniste di Croazia e Slovenia. La sua grande popolarità non gli impedì di perdere ben presto il controllo dell’Esercito (JNA) e il sostegno dei leader politici di Serbia, Croazia e Slovenia. Le prime elezioni multipartitiche erano in corso e la vittoria dei partiti “etnici” annunciava la fine ultima dello stato comune. Il 20 dicembre 1991, Ante Marković, ormai emarginato nel suo Paese e senza sostegno all’estero, restituì il mandato da premier e uscì definitivamente di scena.
In un video dell’epoca Marković dichiara: “Io sono sempre stato in modo coerente per la democrazia, per la pace e contro la guerra”. In un’altra occasione ribadisce ancora la sua contrarietà alla guerra: “Per me è inaccettabile proporre una finanziaria di guerra, non posso e non lo farò”.
Quello di Ante Marković fu l’ultimo tentativo di salvare la Jugoslavia. Un tentativo che oggi a molti suscita un parallelismo con l’attuale crisi dell’Unione europea. L’economista ed ex ministro sloveno dell’Economia Jože Mencinger, ad inizio di novembre durante una conferenza organizzata dalla Fondazione Friedrich Ebert, ha rilasciato alcune dichiarazioni che vanno in questa direzione.
In un’intervista pubblicata dal settimanale Vreme, Mencinger afferma: “Non mi considero un euroscettico. Temo solo che l’Unione europea possa dissolversi, ma non vedo perché si dovrebbero nascondere i problemi che esistono. Questi problemi in qualche modo sono simili a quelli che abbiamo avuto nella ex Jugoslavia. Uno dei problemi è il dilemma se sia più democratico votare secondo il principio ‘un uomo un voto’ oppure ‘uno stato un voto’. Così era nella Jugoslavia. E sono problemi che semplicemente esistono”.
Alla domanda se l’UE dovrà affrontare la “sindrome jugoslava” Mencinger risponde: “Penso che inizi a sentirsi sempre più. Se fate un sondaggio tra i tedeschi, il 90% di essi dirà che devono pagare quello che i greci hanno speso, e se andate in Grecia diranno che i tedeschi sono colpevoli di tutto. Questo è molto pericoloso e per questo motivo lo definisco ‘sindrome jugoslava’”.
Anche Robert Hayden, docente di antropologia all’Università di Pittsburgh (USA) nonché noto analista del periodo jugoslavo, ha ragionato sul parallelo tra UE e Jugoslavia, confrontando il Trattato di Lisbona con la Costituzione jugoslava del 1974. I paralleli, analizzati in un articolo scritto per Vreme, sono sorprendenti: a partire dalla moneta unica sino alla gestione del potere e delle leve dell’economia tra i due modelli di “unione”. Ed anche Hayden riprende il parallelo sollevato da Mencinger quando dice: “I leader delle repubbliche più ricche accusavano i leader delle repubbliche più povere di essere colpevoli della crisi economica, impiegando una terminologia che incredibilmente ricorda la retorica che oggi usano gli europei del nord nei confronti degli europei del sud”.
Ante Marković poteva essere considerato un “tecnico” investito dell’arduo compito di riportare in sesto un Paese allo sfascio. Le differenze dell'Ue con la Jugoslavia sono certamente molte ma il funzionamento delle istituzioni, i veti incrociati, le accuse reciproche tra stati membri e le politiche nazionali(stiche) evidenziano più di un’affinità. Ante Marković, abbiamo visto, fallì nel suo compito, e la Jugoslavia si dissolse in una guerra fratricida. La drammatica esperienza che lascia in eredità porta ad interrogarsi su come ridare slancio al progetto politico europeo.


burjan [ Mer 25 Gen, 2012 22:23 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
La Croazia è nell'Unione. L'HDZ, lugubre partito sciovinista, all'opposizione. C'è dunque un pò di speranza, a questo mondo.

“La Croazia va in Europa”, “La Croazia ha deciso”. Sono solo alcuni dei titoli di stamane sui quotidiani croati. Al referendum che si tenuto ieri, 22 gennaio, i favorevoli all’ingresso della Croazia nell’Unione europea sono stati il 66%, mentre i contrari il 33%. Con un’affluenza di poco superiore al 43%, la Croazia supera la già bassa affluenza registrata dall’Ungheria, 45,62%, quando votò l’ingresso nell’UE al referendum del 2003 (ma all’epoca i sì ungheresi furono oltre l’83%).
Come hanno votato le contee

L’affluenza più alta è stata registrata nella città di Zagabria (oltre 720mila elettori), il 55% degli aventi diritto, dei quali il 68% ha votato favorevolmente all’ingresso nell’UE e il 32% contro. Tra le aree più euroscettiche vi è invece la contea della Dalmazia meridionale, Dubrovnik-Neretva, dove il “sì” è stato del 57% e il “no” del 42%, e la contea di Spalato, dove in totale i favorevoli sono stati il 59% e i contrari il 41%. A Vukovar trionfa invece il “sì” col 72%, nonostante la bassa affluenza, 39%. Il record di affluenza negativa va alla contea della Lika-Senj, che da 19 anni è governata dall’HDZ: solo il 35% dei cittadini di questa contea sono andati a votare, il “sì” ha ottenuto il 70% e il “no” il 29%.

Infine, una curiosità. A Pakoštane, città natale di Ante Gotovina, non è servito a molto l’appello di quest’ultimo dal carcere dell’Aja con cui ha invitato a votare a favore dell’ingresso nell’UE, il giorno prima del referendum. Nella città dell’ex generale condannato in primo grado per crimini di guerra ad una pena di 24 anni, i “sì” sono stati il 50% mentre i “no” il 49%, là dove il dato generale della contea di Zara a cui la città appartiene è stato 62% di “sì” e 38% di “no”.
Le prime dichiarazioni post referendum

“Sono soddisfatta del voto e farò di tutto per non tradire la fiducia dei cittadini”, ha commentato il ministro degli Esteri Vesna Pusić in una delle prime dichiarazioni in TV, dopo la chiusura dei seggi. Mentre riguardo alla bassa affluenza alle urne Pusić ha precisato che “anche al primo turno delle presidenziali del 2009 l’affluenza era stata del 44%. Poi, va considerato – aggiunge il ministro croato – che è la seconda volta in due mesi che i cittadini vanno a votare e non è facile motivarli con due scadenze così ravvicinate”.
Prime pagine
Referendum in Croazia

Guarda le aperture dei portali web dei principali media della Croazia, dedicate al referendum sull'UE

Invece, per il sindaco di Zagabria Milan Bandić, se il referendum si fosse tenuto solo poche settimane dopo la data prevista, molto probabilmente in molti non avrebbero votato “sì”. Bandić ha fatto riferimento anche alla poca tolleranza nei confronti degli euroscettici. Sabato scorso a Zagabria circa duecento dimostranti hanno manifestato contro l’ingresso della Croazia nell’UE. Scontri tra polizia e manifestanti hanno portato al fermo di alcune persone.

Il presidente della Repubblica Ivo Josipović, oltre alle dichiarazioni ufficiali, si è attivato subito sul suo canale facebook per complimentarsi per la vittoria e per ringraziare chi ha preso parte al voto “sia quelli che hanno votato sì che quelli che hanno votato no, perché entrambi si sono preoccupati per la Croazia”, aggiungendo infine poi di essere certo che "il futuro dimostrerà quanto il nostro sì all’Europa sia stato una decisione importante e corretta”.

Mentre il premier Zoran Milanović, pur sottolineando di aspettarsi un’affluenza più alta, ha dichiarato: “Per la prima volta nella storia una decisione così importante l’abbiamo presa da soli”.
Tiepidi i commenti degli analisti

I più tiepidi nei commenti sono stati gli economisti, consapevoli che la Croazia non cambierà da un giorno all’altro grazie al referendum, che le difficoltà economiche del Paese sono ancora tutte da affrontare e che la stessa Unione è attraversata da una crisi senza precedenti. “È un bene che abbiamo votato per l’Unione europea ed io stesso l’ho fatto. Ma non coltiviamo illusioni sul fatto che l’UE risolva i nostri problemi. È un pensiero totalmente errato. I nostri debiti e il nostro deficit restano a noi”, ha commentato l’analista economico Ljubo Jurčić al portale Index.hr.

Insomma, anche senza una grande euro-euforia, la Croazia dopo nove anni, tanto è durata la strada verso l’UE, ha compiuto anche l'ultimo passo. Dal primo luglio 2013 sarà ufficialmente il 28° membro dell’Unione. Ma già da questa mattina il ministro degli Esteri Vesna Pusić è seduto al tavolo del consiglio dei ministri degli Esteri dell’UE a Bruxelles.


burjan [ Ven 17 Feb, 2012 23:30 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
Da "Balcani Caucaso.org":

Una nevicata di grandi proporzioni si è abbattuta nei giorni scorsi sulla Bosnia Erzegovina. Dichiarato lo stato d’emergenza, ancora notevoli le difficoltà. Tre storie descrivono la situazione del Paese e le condizioni di vita dei cittadini

La mattina di sabato 4 febbraio le immagini di strade bloccate, linee elettriche interrotte e soccorsi in elicottero che, fino al giorno prima, descrivevano sui notiziari le condizioni di vita nei villaggi più isolati, sono diventate la realtà di tutti gli abitanti della Bosnia Erzegovina, cittadini della capitale compresi. Le principali caratteristiche dell'evento meteorologico che sta interessando il Paese sono la sorprendente intensità delle precipitazioni in un lasso di tempo molto breve, le temperature estremamente basse che impediscono lo scioglimento della neve (fino a meno 25 gradi di notte anche a Sarajevo città) e l’estensione del fenomeno a tutto il territorio del Paese, senza eccezione per le zone tradizionalmente con un clima più mite (incluse Mostar e Neum).

Alle 7 del mattino del 4 febbraio la neve aveva raggiunto i 217 cm a Bjelašnica, 101 a Sarajevo, 95 a Kupres, 58 a Bugojno, 54 a Livno, 52 a Mostar. Almeno 11 persone sono morte assiderate, mentre centinaia di località sono rimaste isolate e migliaia di abitazioni senz’acqua e senza corrente, sulle montagne come in diverse città. In tutto il Paese si sta ancora lavorando per stabilizzare la situazione e portare soccorso a chi ne abbia necessità. Anche se la situazione nelle grandi città migliora, l’emergenza non è passata. Le previsioni meteo dei prossimi giorni fanno preoccupare e ulteriori danni potrebbero verificarsi non solo per le nuove precipitazioni ma anche nel caso di un rapido scioglimento della neve. Tra le numerose storie che sono state raccontate dai media locali nella cronaca di questi giorni, ne emergono tre.

Cittadini di Mostar

Il 7 febbraio Mostar est è rimasta senza corrente elettrica per la caduta di un traliccio dell’alta tensione, sulla linea in carico alla Elektroprivreda BiH. I quartieri a ovest non sono stati interessati dal black-out in quanto serviti dalla Elektroprivreda HZ Herceg-Bosne. In una città in cui di rado cade la neve, e le temperature non scendono mai sensibilmente sotto lo zero, il sistema di riscaldamento più comune è a energia elettrica. Oltre 15.000 utenze sono rimaste senza corrente e dunque senza riscaldamento, con la bora che soffiava a 100 km/h. Mentre la principale via di comunicazione con Sarajevo era ancora difficilmente praticabile, e i lavoratori delle Ferrovie della Federazione liberavano i binari quasi interamente a mano, in città sono iniziati a scarseggiare i beni di prima necessità.

Il centro giovanile Abraševic ha offerto ospitalità a chi si trovava al freddo, mentre alcune decine di cittadini hanno risposto all’appello diramato dal quartier generale della protezione civile di Mostar, accorrendo in aiuto ai lavoratori della Elektroprivreda nella riparazione dell’elettrodotto. I volontari presentatisi all’appuntamento hanno trasportato a mano le travi di ferro necessarie alla riparazione dell’elettrodotto fin sulla collina di Opine, nonostante il freddo e la neve. L’operazione è stata portata a termine con successo il 9 febbraio.

Soccorsi all’elicottero

Per l’evacuazione di persone in condizioni critiche di salute, e la consegna di aiuti umanitari ai numerosi villaggi rimasti isolati, sono stati mobilitati gli elicotteri delle forze armate della BiH e dell’Eufor. L’11 febbraio, una troupe della Federalna Televizija (TV della Federazione) si è imbarcata su un Mi8 per documentare l’intervento nell’area di Kalinovik, in Republika Srpska (RS). Nella circostanza, Darjan Babić e Jasmin Šuvalija sono stati testimoni di un “atterraggio forzato”, come è stato definito dai portavoce dell’esercito. Nei fatti l’elicottero è precipitato al suolo in fase di atterraggio, spezzandosi in più parti, come documentato dallo stesso cameraman . A soccorrere l’equipaggio, fortunatamente illeso, gli abitanti di Bukovica, che aspettavano la consegna degli aiuti. Personaggio simbolo della vicenda, un’anziana donna che ha accolto in casa i superstiti rifocillandoli con zuppa calda, caffè e rakija. Invitata a dire qualcosa di fronte alla telecamera, ha commentato: “Si sono salvati, è la cosa più importante, quel che è stato è stato e non c’è altro, non è così?”.

Il crollo a Skenderija
L'area crollata a Skenderija (Foto Michele Biava)

Vai alla galleria fotografica sul crollo di Skenderija

Poco dopo le 15.00 di domenica 12 febbraio, infine, il tetto della sala da pattinaggio del complesso olimpico di Skenderija, a Sarajevo, è crollato. A causare il cedimento della struttura, già danneggiata durante la guerra, è stato il peso della neve. Il collasso della copertura di 3.226 metri quadri ha dato luogo ad uno spostamento d’aria che ha devastato un negozio di tappeti al piano terra, mentre la massa di neve e detriti ha schiacciato tutto ciò che si trovava all’interno della sala sfondando in alcuni punti la soletta del parcheggio sotterraneo. “E’ come se fosse caduta una granata, ecco come posso spiegartelo...”, ci ha detto un guardiano presente all’esterno dell’edificio al momento del crollo. Fortunatamente anche in questo caso non ci sono state vittime né feriti. Una prima verifica alla struttura ha rilevato, oltre alla completa distruzione della sala, lo slittamento di alcune travi portanti, mentre le coperture delle diverse botteghe presenti sul piazzale del complesso risultano danneggiate e pericolanti sotto il peso della neve. Ancora da stimare il danno materiale, indubbiamente ingente.

Neve di febbraio a Sarajevo

Il crollo a Skenderija è avvenuto pochi giorni dopo l'anniversario dell’inizio delle Olimpiadi invernali di Sarajevo, l’8 febbraio del 1984. Allora nevicò all’ultimo momento utile, alla vigilia della cerimonia di apertura. Il giorno successivo, la pattinatrice Sanda Dubravčić accendeva la fiamma olimpica allo stadio di Koševo, dando inizio ai giochi che videro in gara 1.272 atleti provenienti da 49 Paesi. Da diciotto anni a questa parte, il ricordo di quei giorni felici si contende le emozioni con una ricorrenza di segno opposto. Il 5 febbraio 1994, infatti, il sangue di 68 morti e 144 feriti macchiava la neve intorno al mercato di Markale, colpito da una granata sparata dalle postazioni dell’esercito della Republika Srpska contro la Sarajevo che da ventitré mesi resisteva all’assedio.

Il manto bianco di questi giorni copre ogni cosa, e l’emergenza unisce idealmente un Paese che la politica continua a far viaggiare su binari separati. Ad aprile la neve non ci sarà più. In quei giorni la Bosnia ricorderà un altro anniversario, il ventennale dell'inizio della guerra.


burjan [ Mar 26 Mar, 2013 22:20 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
La Ue promuove Zagabria: pronta per l'Unione

Dal 1° luglio sarà il 28esimo Paese membro dell'Ue. La Commissione: «Rispettate tutte le condizioni»

La Croazia è pronta a diventare a luglio il 28mo Paese membro dell'Unione Europea. Lo ha annunciato la Commissione europea che oggi ha approvato l'ultimo rapporto di monitoraggio.
Il rapporto finale sull'adesione del Paese dell'ex Jugoslavia «è una notizia positiva - ha commentato il Commissario europeo per l'allargamento e la politica europea di vicinato, Stefan Fuele - I risultati raggiunti andranno a diretto beneficio dei cittadini». La Commissione europea spiega che la Croazia «ha mostrato la volontà e la capacità di rispettare tutti gli impegni in tempo utile prima dell'adesione». Tuttavia, ha avvertito la Commissione, il processo di riforme avviato non deve concludersi con l'adesione: «Ci si aspetta che la Croazia continui a seguire il suo percorso nel campo dello stato di diritto, in particolare nella lotta contro la corruzione».
PROGRESSI - Nell'ottobre scorso, l'esecutivo di Bruxelles aveva indicato una lista di 10 settori nei quali erano necessari ulteriori progressi, dal miglioramento del sistema giudiziario al completamento dei posti di frontiera. Progressi che la Commissione ritiene siano stati fatti. La Croazia, si legge nel rapporto, «è adesso pronta per prendere il suo posto nell'Ue come previsto ed attendiamo con ansia il completamento del processo della ratifica del Trattato di adesione e di accoglierla nell'Unione il primo luglio».

BALCANI - Gli altri Paesi dei Balcani rimangono in ritardo. Il Montenegro ha inviato i negoziati per l'adesione, mentre Serbia e Bosnia devono ancora cominciare.


jony87 [ Mar 26 Mar, 2013 23:00 ]
Oggetto: Re: La Guerra Dei Dieci Anni
Da studioso della Slavia quale sono io, diciamo che uno dei paesi della cosiddetta "ex-Jugoslavia" sta per entrare nella zona Euro con tutti i vantaggi e svantaggi annessi e connessi con conseguente adeguamento a quei durissimi parametri economici dell'Unione che, come (ahinoi) sappiamo, possono strangolare alla lunga quei paesi membri, non ultima Cipro, che dimostrano di non poterli assolutamente sostenere.


Un caso, dunque, quello croato tutto da analizzare e valutare prossimamente, insomma 8)) :bye:


burjan [ Sab 09 Nov, 2013 13:56 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
Venti anni fa, la distruzione del Ponte Vecchio di Mostar.

http://www.balcanicaucaso.org/aree/...nni-dopo-143828


burjan [ Lun 12 Mag, 2014 07:31 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
Ricostruita la Biblioteca di Sarajevo.
http://www.lastampa.it/2014/05/11/m...V9I/pagina.html

La memorabile canzone dei CSI

https://www.youtube.com/watch?v=hgnUCkU7cYE :inchino: :inchino:


burjan [ Sab 16 Ago, 2014 09:52 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
Da "BalcanieCaucaso.org":

Ljubljanska banka: la Slovenia deve pagare

Stefano Lusa | Capodistria 21 luglio 2014

La Corte europea per i diritti dell’uomo ha stabilito che la Slovenia dovrà indennizzare i risparmiatori bosniaci che avevano depositi presso la Banca di Lubiana durante gli anni novanta, e che da 25 anni attendono di poter ritirare i propri risparmi
Si è conclusa con una Caporetto per la Slovenia la vicenda giudiziaria legata ai conti in valuta presso le filiali di Sarajevo e Zagabria della Banca di Lubiana. Il tribunale europeo per i diritti dell’uomo ha stabilito, nel caso giudiziario promosso da quattro risparmiatori bosniaci, che il paese dovrà corrispondere i depositi e indennizzarli con 4.000 euro, a cui vanno aggiunti gli interessi. Il tribunale ha inoltre stabilito che adesso Lubiana avrà un anno di tempo per preparare lo schema per indennizzare tutti coloro che da 25 anni attendono di poter ritirare i loro risparmi. Se non lo farà, potrà essere il tribunale stesso ad imporre le somme da pagare. Negli uffici di Strasburgo, infatti, sono già state depositate altre 1.650 cause, inoltrate da più di 8.000 risparmiatori.
È la seconda grossa tegola, dopo quella dei cancellati, che si abbatte, in poco tempo, sulla Slovenia per vicende legate al processo d’indipendenza del paese. La cosa sino a pochi anni fa sembrava impossibile. Lubiana era stata considerata per anni un esempio, un paese che se n’era andato dalla Jugoslavia in maniera elegante, rispettando i diritti umani e mantenendo uno standard di vita e uno stato sociale molto migliore degli altri. Adesso, con un paese in crisi e con una classe politica impegnata in una guerra senza quartiere, i nodi sembrano essere arrivati al pettine.
Quanto dovrà pagare Lubiana?
Lubiana, comunque, più che riflettere sull’ennesima sanzione per la violazione dei diritti umani, pare piuttosto preoccupata di quanto dovrà pagare. Secondo i primi calcoli i depositi non ritirati nelle due filiali ammontano a 250 milioni di euro a cui andrebbero aggiunti circa altrettanti d’interessi. Ora si tratterà di trovare entro un anno una soluzione complessiva, seguendo lo stesso schema che negli anni novanta fu usato per indennizzare i residenti in Slovenia, che avevano i loro depositi nelle banche della repubblica e in quelle del resto della federazione. In parole povere, significherà che dovrebbero venir corrisposti immediatamente 500 euro e poi il resto nell’arco di 5 anni.
La decisione dell’Alta corte è stata presa con 15 voti a favore e due contrari, quello del giudice sloveno e di quello tedesco. Ora non resterà che pagare. Dopo la prima sentenza che dava torto a Lubiana, del 6 novembre 2012, la Slovenia si era immediatamente appellata e non aveva mancato di dichiararsi molto fiduciosa delle proprie ragioni. La sua argomentazione era che si trattava di una questione che andava risolta nell’ambito delle trattative sulla successione e che lei stessa aveva provveduto a indennizzare tutti coloro che avevano depositi in banche sul territorio sloveno, indipendentemente dal fatto che si trattasse di una banca slovena o di una filiale di banche delle altre repubbliche federali.
La tesi di Lubiana, comunque, non è stata contraddetta dal tribunale e la vicenda sarà ancora materia di scontro tra i paesi successori dell’ex federazione, ma ha semplicemente messo in primo piano il diritto dei piccoli risparmiatori di riavere i loro soldi, rispetto alla ricerca di una soluzione nell’ambito di complesse (e relativamente infruttuose) trattative tra gli stati.
Una vicenda complicata
I depositi in valuta nelle banche jugoslave erano garantiti dalla federazione. Nel 1992 gli stati successori decisero di accollarsi le garanzie per i depositi seguendo il principio territoriale indipendentemente dalla cittadinanza del risparmiatore. L’unica a non seguire questo schema fu la Croazia, che così in pratica escluse dai risarcimenti principalmente i serbi.
La questione dei risparmiatori e dei depositi non corrisposti presso le filiali in giro per la Jugoslavia della Banca di Lubiana, e soprattutto in quella di Zagabria, furono, sin dall’inizio degli anni novanta, materia per feroci polemiche. La Slovenia furbescamente sciolse il nodo gordiano nel 1994, fondando la Nuova Banca di Lubiana. A questo istituto vennero trasferiti tutti i beni della Banca di Lubiana, lasciando alla vecchia banca tutte le pendenza derivanti dalla successione. In gioco non c’era, ovviamente, solo la questione dei risparmi, ma anche le pendenze di numerose aziende disseminate sul territorio della ex federazione nei confronti della principale banca slovena ed anche quelle nei confronti della Banca di Jugoslavia. Da Lubiana danno ad intendere che proprio questi soldi ora potrebbero essere materia di ulteriori contenziosi giudiziari, che potrebbero arrivare sino a Strasburgo, ma questa volta con la Slovenia a giocare il ruolo di parte lesa.
In ogni modo la diatriba è ancora aperta e pare destinata a continuare a riempire le pagine dei giornali. Significativamente proprio il nodo delle banche e nello specifico delle cause mosse contro la Banca di Lubiana in Croazia erano state l’ultimo ostacolo sulla strada dell’ingresso della Croazia nell’Unione Europea. La Slovenia aveva chiesto e ottenuto precise garanzie prima di accendere definitivamente luce verde a Zagabria.
Solo alla fine sarà chiaro chi in tutta questa vicenda ci ha perso, e chi invece guadagnato. Quello che appare certo, comunque, è che la lunga disputa ha portato all’eliminazione degli istituti di credito sloveni dalle repubbliche dell’ex federazione ed ha praticamente impedito la penetrazione delle banche slovene su questi mercati. Secondo molti analisti i vantaggi di ciò sarebbero stati molto superiori rispetto al valore stesso dei depositi, che adesso comunque verranno corrisposti.


burjan [ Sab 16 Ago, 2014 09:54 ]
Oggetto: Re: La Guerra dei Dieci Anni
Bosnia Erzegovina e Serbia: di nuovo fango, di nuovo rabbia

Rodolfo Toè | Sarajevo 8 agosto 2014


Nuove alluvioni hanno colpito i due paesi negli scorsi giorni. Le acque hanno inondato per lo più le stesse aree che erano state messe in ginocchio già a maggio. Le popolazioni, intanto, cominciano a protestare contro le mancanze nell'azione dei due governi
Bosnia Erzegovina e Serbia di nuovo in ginocchio. Sono passati soltanto tre mesi, dalle grandi alluvioni di maggio, che hanno provocato nei due paesi quasi ottanta morti e miliardi di euro di danni, e la tragedia sembra non essere finita. In alcuni casi, comprensibilmente soprattutto nelle municipalità che non si erano trovate nell'occhio del ciclone in primavera, si parla di "danni superiori a quelli di maggio scorso". Per il momento, in molte aree è stato dichiarato lo stato d'emergenza. I morti accertati finora [scriviamo nel tardo pomeriggio di giovedì 7 maggio] sono tre: uno in Serbia e due in Bosnia Erzegovina, mentre continuano le ricerche di un disperso nella zona di Banja Luka.
Bosnia Erzegovina
In Bosnia Erzegovina, il clima particolarmente piovoso delle scorse settimane ha provocato enormi disagi a viabilità e centri abitati. Le aree più colpite si trovano a Brčko, Srebrenik, Banja Luka, Prnjavor, Bijeljina, Čelinac (dove sono stati distrutti ben 7 ponti), Derventa, Gračanica, Žepče, Lukavac, Banovići, Doboj e Maglaj: per la maggior parte, si tratta di regioni dove già in maggio i danni delle alluvioni erano stati pesantissimi.
A Srebrenik, cittadina nel cantone di Tuzla, circa 500 case sono state allagate per lo straripamento del fiume Tinja. Più di mille persone, fino a questo momento, sono state costrette ad evacuare. Secondo i residenti, le devastazioni sono maggiori di quelle che erano toccate alla città a maggio. Allora gli argini avevano resistito ma - accusano gli abitanti - erano stati fortemente danneggiati, e l'amministrazione pubblica non si è assolutamente preoccupata di metterli in sicurezza, con il risultato che mercoledì sera hanno ceduto, lasciando il paese in balia delle acque. Sempre nel cantone di Tuzla, ingenti danni sono stati registrati nelle municipalità di Lukavac, Gračanica e di Čelić, tutte finite sott'acqua. Si registrano centinaia di abitazioni allagate e, secondo il capo della protezione civile del cantone Zdenko Tadić, il peggio deve ancora arrivare: "Il livello di accumulazione del lago Modrac sale di ora in ora", sottolinea, "ci aspettiamo che le acque superino di un metro il livello di guardia, il che non lascia presagire nulla di buono per gli abitanti".
Altre aree toccate dalle alluvioni nel corso della giornata di mercoledì scorso sono Banja Luka e Bijeljina. A Banja Luka, secondo le cifre comunicate dal comitato di emergenza riunitosi nella tarda serata del 6 agosto, ci sarebbero 247 case alluvionate, oltre ad altre 60 danneggiate dalle frane riattivatesi per le forti piogge. La situazione, ad ogni modo, starebbe già tornando alla normalità, e già oggi gli abitanti e la protezione civile hanno cominciato a ripulire e disinfettare le proprie case. Nel territorio di Bijeljina i danni peggiori si registrano nella località di Janja, dove centinaia di abitazioni sono state colpite dalle inondazioni. Militari, membri della protezione civile e volontari sono al lavoro per cercare di rinforzare gli argini, in un film identico a quello già visto tre mesi fa.
Serbia
Anche la Serbia, soprattutto nella sua parte occidentale e in quella centrale, è stata colpita dal maltempo che ha portato nuove alluvioni. In particolare, le inondazioni hanno riguardato le località di Banja Koviljača e di Losnica, al confine con la Bosnia Erzegovina. A Losnica è stato dichiarato lo stato di calamità naturale, mentre a Banja Koviljača un uomo è morto, travolto dalle acque mentre si trovava nel seminterrato della propria abitazione.
A Kosjerić, una città nel distretto centrale di Zlatibor, il fiume ha invaso il paese, distruggendo - come riportato dall'emittente B92 - "tutto ciò che era riuscito a rimanere intatto dopo le inondazioni di maggio". "Il fiume è arrivato in 20 minuti e ha sommerso immediatamente ogni cosa", ha raccontato una delle residenti, Mirjana Jovčić. Anche in questo caso, non si risparmiano le critiche alle autorità: "Dopo le alluvioni di maggio, nessuno è venuto a chiederci se avessimo bisogno di aiuto", lamenta Miodrag Nikolić, che ha perso la sua casa tre mesi fa, "abbiamo più volte allertato le autorità, chiedendo loro che provvedessero a ripulire il letto del fiume", ostruito dai detriti trasportati in primavera. "Oggi finalmente sono venuti qui da noi", conclude amaramente Nikolić, "visto che il fiume è esondato".
Tra proteste e immobilismo
Se da più parti si ripete che queste alluvioni sono peggiori rispetto a quelle di maggio non è, probabilmente, solo una constatazione materiale di fronte ai danni nelle località che in questa primavera erano state toccate solo marginalmente. La frase, piuttosto, riassume bene anche lo stato d'animo delle popolazioni dei due paesi, di fronte all'inerzia delle istituzioni e all'accanirsi del cattivo tempo, che nulla promette di buono nel corso delle prossime settimane. L'emergenza di mercoledì scorso in Bosnia Erzegovina e Serbia non è solo pesante sotto il profilo materiale: è, a livello simbolico, anche la dichiarazione più evidente dell'abbandono in cui sono state lasciate nel corso degli ultimi tre mesi le vittime delle alluvioni.
"La cosa più necessaria ora è ripulire le case, dragare il letto del fiume, riparare gli argini. Tutte cose che bisogna fare in fretta", ha dichiarato il sindaco di Kosjerić, Milijan Stojanić, a Radio Slobodna Evropa. "A ucciderci è l'incuria", ha ammonito. Proprio nelle scorse settimane, in Serbia, la popolazione di Obrenovac (una delle città che più avevano sofferto i danni delle alluvioni nello scorso maggio) era scesa in strada per protestare contro il governo. Per una ironica coincidenza del destino, soltanto in questi giorni ha avuto inizio il pagamento degli indennizzi a chi aveva subito danni durante le scorse alluvioni. Finora, però, i cittadini sono stati lasciati soli e nessuno, dal governo centrale alle autorità della municipalità, ha voluto iniziare le attività di ricostruzione. Jovan Milivojević, uno degli organizzatori della protesta, ha ribadito la propria intenzione di "iniziare una azione legale contro il governo", responsabile di aver causato con la propria negligenza il disastro di tre mesi fa.
In Bosnia Erzegovina, praticamente nulla si è mosso negli ultimi mesi. Per ora, il governo centrale ha deciso di stanziare circa dieci milioni di marchi (circa cinque milioni di euro) per aiutare i cittadini. Ma al di là della cifra, che è stata ripartita come prevedibile su base politica (le due entità del paese avranno il 49% della cifra ciascuna, il restante 2% andrà al distretto di Brčko), non si ha tuttora alcun programma di ricostruzione, mentre in Republika Srpska le poche centinaia di cittadini che hanno ricevuto i voucher promessi da Milorad Dodik aspettano comunque che essi possano essere liquidati: al momento, sono soltanto pezzi di carta.
Il dramma è bene rappresentato dalla catastrofica situazione in cui si trovavano i residenti di Topčić Polje e Željezno Polje, fino a quando non sono stati costretti a lasciare la zona mercoledì. Le due località, che si trovano rispettivamente nelle municipalità di Zenica e Žepće, sono state quasi letteralmente spazzate via da una serie di frane lo scorso maggio. Ma le autorità non hanno fatto praticamente nulla per gli abitanti, limitandosi a inviare qualche macchina pesante, lo stretto necessario per riaprire se non altro le vie di comunicazione. Dopo qualche settimana in molti, senza un posto dove andare, sono tornati alle proprie case distrutte e qualcuno si è adattato a vivere in tenda. A inizio settimana si erano mobilitati in massa per protestare davanti al municipio di Žepče, anche se l'amministrazione locale è attualmente in pausa estiva. Da ieri, hanno cominciato a occupare la strada che da Zenica porta a Doboj, una delle principali del paese, nella speranza che ciò serva ad attirare l'interesse dell'opinione pubblica sulla loro condizione.
"La situazione attuale è inaccettabile", ha dichiarato Muris Bulić, uno degli esponenti del 'Centri civilnih inicijativa', centri di iniziativa civile, che proprio due giorni fa ha presentato, a Sarajevo, un rapporto che analizza la condotta del governo bosniaco nel corso degli ultimi mesi: "Nessuno si è assunto la responsabilità per il diluvio dello scorso maggio, il che dimostra che il nostro governo non risponde ancora ai criteri minimi di democrazia e di sviluppo della società. I cittadini continuano ancora ad aspettare l'aiuto da parte dello stato ma il governo, a quanto pare, non si interessa di questo problema cruciale. Al contrario, la maggior parte dei nostri politici se ne sono andati tranquillamente in vacanza".




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