E io, come spesso capita in queste materie complesse, rispondevo cercando di distinguere i diversi fenomeni e le diverse teorie per non far fare troppa confusione.
Ecco, questa ricerca afferma che a sbagliare ero io e non i miei interlocutori!

In poche parole alcuni giorni fa è stato pubblicato uno studio i cui risultati, se confermati, sarebbero rivoluzionari per la scienza del clima.
Infatti si afferma che sarebbero stati proprio i CFC (cloro fluoro carburi), i gas nocivi per l'ozono stratosferico e causa del buco dell'ozono, ad essere anche all'origine del riscaldamento atmosferico globale avutosi negli ultimi decenni dello scorso secolo!
Invece l'attività solare sarebbe responsabile dell'aumento termico occorso nella prima parte del ventesimo secolo, attraverso un meccanismo chiamato cosmic-ray-driven electron-induced-reaction (CRE), partecipando anche al successivo riscaldamento.
In pratica la teoria renderebbe del tutto superficiale, se non del tutto nullo, il ruolo dell'anidride carbonica nel global warming, riuscendo a spiegare la totalità delle variazioni termiche registrate.
La cosa interessante è che la teoria spiegherebbe ciò che il modello climatico dell'AGW su base CO2 non riesce a spiegare, ossia l'attuale fase di stasi termica (senza aumento termico da oltre un decennio), nonostante il continuo aumento della CO2. Infatti sarebbe proprio la messa al bando dei CFC e il parziale recupero della ozonosfera ad aver prodotto il fenomeno di stasi, e la previsione secondo il nuovo modello sarebbe verso una riduzione progressiva delle temperature nei prossimi decenni.
(e, molto probabilmente, confermerebbe la teoria sulla saturazione degli effetti della CO2, cioè dell'incapacità del gas di trattenere ulteriori quantità di radiazione infrarossa riemessa dal pianeta (calore) oltre una certa limitata soglia)
Magari, speriamo!
Tra l'altro questo nuovo modello climatico darebbe soddisfazione anche a quanti, come me, vanno predicando da sempre che bisogna concentrarsi per combattere il vero inquinamento, come si è fatto per la messa al bando dei CFC, e come si dovrebbe fare con moltre altre sostanze la cui nocività per l'ambiente e per l'uomo è provata. E non sprecare miliardi e miliardi di €$ per cercare invano di limitare le emissioni di CO2 di pochi paesi, mentre altri le raddoppiano ogni pochi anni (vedi Cina e India)... e di smetterla di far guadagnare i guru come Al Gore, che sono diventati miliardari grazie ai loro investimenti sul mercato delle quote di CO2.
Se Kyoto non è Montreal il riscaldamento globale è finito
da www.climatemonitor.it - Guido Guidi

I trattati firmati a Montreal nel 1987 e a Kyoto esattamente dieci anni dopo, sono stati i primi, se non unici esempi di global governance che la diplomazia internazionale ha saputo esprimere. Se simili, in quanto di natura ambientale il primo ed essenzialmente focalizzato sul clima il secondo, tra i due trattati c’è di fatto una enorme differenza.
Il primo, riguardante la messa al bando dei Clorofluorocarburi (CFC), ritenuti responsabili del depauperamento dello strato di ozono stratosferico, ha funzionato, nel senso che l’uso dei CFC è stato di fatto abolito e, seppur con lentezza e con qualche controversia scientifica, ci sono prove abbastanza evidenti che i loro effetti dannosi si siano attenuati. Il secondo, siglato con l’obbiettivo di ridurre le emissioni di anidride carbonica provocate in larga misura dall’uso dei combustibili fossili e ritenute responsabili dell’accrescimento dell’effetto serra e conseguente riscaldamento globale, è fallito in tutte le sue parti. Le emissioni sono aumentate e i fondamenti scientifici su cui poggiava stanno venendo meno, perché nonostante questo aumento la temperatura media superficiale del Pianeta ha smesso di aumentare o, quanto meno, ha assunto un trend molto diverso da quello atteso.
Si potrà obbiettare che la mancata implementazione del protocollo da parte di molti dei firmatari ne ha di fatto impedito gli effetti e che i due o tre lustri di stasi delle temperature medie superficiali possono anche essere ascirivibili ad una variabilità naturale solo temporaneamente in controfase con il forcing, ma, di fatto, le cose oggi stanno così, la CO2 aumenta e le temperature no. E questo se non altro identifica una seria lacuna conoscitiva in quella che dovrebbe essere – e di fatto è stata spacciata per tale – una realtà delle dinamiche climatiche scientificamente acquisita.
Negli ultimi tempi, proprio per cercare di colmare questa lacuna, la ricerca si è concentrata sulla quantificazione della relazione causale tra gas serra e dinamiche delle temperature, la sensibilità climatica, ovvero, quanto si pensa che possa aumentare la temperatura al raddoppio della concentrazione di CO2 rispetto ai livelli pre-industriali. Tenendo conto dei dati più recenti, sono stati pubblicati molti studi che hanno in effetti modificato verso il basso la sensibilità climatica, smentendo le stime molto più allarmistiche su cui non solo poggiava proprio il protocollo di Kyoto, ma anche gran parte delle cosiddette policy climatiche che in un modo o nell’altro si è cercato di adottare.
Alcuni giorni fa, invece, è stato pubblicato uno studio i cui risultati, qualora venissero confermati, rischiano seriamente di mandare tutto all’aria e di modificare dalle fondamenta tanto i paradigmi dello stato dell’arte della scienza del clima, quanto tutte le azioni più o meno ad elevato impatto economico che ci hanno visti impegnati nella mitigazione di qualcosa che pare proprio fosse stato già mitigato.
Lo studio si colloca a metà tra quanti hanno sempre sostenuto che le attività umane avessero avuto un ruolo determinante sulla temperatura del Pianeta negli ultimi decenni e quanti (molti meno) hanno invece con altrettanta forza sotenuto che dovesse essere meglio indagato il ruolo della fonte primaria di energia del nostro sistema, il Sole.
Secondo Q. -B. Lu, ricercatore di una università dell’Ontario e prima firma dell’articolo, sarebbero stati proprio i CFC ad originare e sostenere gran parte dell’aumento delle temperature del Pianeta nelle ultime tre decadi del secolo scorso, composti di origine antropica che, in quanto poi significativamente diminuiti in termini di concentrazione atmosferica grazie al protocollo di Montreal, avrebbero consentito l’innesco della recente fase di stasi e/o diminuzione delle temperature, una fase destinata inoltre a protrarsi per le prossime 5-7 decadi. Il Sole, ovvero la modulazione del flusso dei raggi cosmici in arrivo sul Pianeta operata dall’attività solare, per parte sua, sarebbe stato responsabile dell’aumento delle temperature occorso prima del rilascio di massicce quantità di CFC, contribuendo poi nella fase successiva all’accrescimento dei loro effetti.
Lo studio è sostanzialmente statistico, nel senso che una volta individuato un meccanismo che gli autori chiamano cosmic-ray-driven electron-induced-reaction (CRE), si trovano valori di correlazione molto elevati tra i CFC e le temperature superficiali, mentre se questo meccanismo viene eliminato, la correlazione tra l’azione dei gas serra propriamente detti e le temperature è bassissima, ove non del tutto assente.
In sostanza, secondo questo studio, il riscaldamento globale delle ultime decadi del secolo scorso sarebbe sì di origini antropiche, ma di natura completamente diversa da quanto si è letto e dibattuto sin qui e, inoltre, in questo meccanismo avrebbe avuto (e avrebbe tutt’ora com’è ovvio attendersi) un ruolo decisivo l’attività solare.
Il messaggio che si può trarre da queste nuove informazioni, sempre e comunque dopo l’eventuale conferma delle stesse è il seguente. Gli sforzi regolamentari di respiro globale, che hanno sempre un enorme impatto economico, hanno senso se sostenuti efficacemente dalla conoscenza scientifica, in relazione alla quale non ha senso parlare di maggiore o minore volontà di implementazione delle norme. Il protocollo di Montreal rispettava questo requisito in origine, quello di Kyoto assolutamente no, tanto che forse proprio l’incertezza scientifica su cui poggiava ha fatto sì che fossero commessi gravi errori nella stesura del trattato, di fatto invalidandolo. Su questo inevitabile beneficio del dubbio, quelli che ieri erano i meno volenterosi ma forse oggi appaiono come i più lungimiranti, hanno fatto leva per non adempiere agli obblighi sottoscritti o addirittura per non sottoscriverli.
Ripetendo per l’ennesima volta che questa teoria ha assoluto bisogno di essere meglio investigata, sebbene comunque si tratti di uno studio peer reviewed, vi invito a leggerne l’abstract, chiedendo al contempo ai lettori di fare uno sforzo per procurare il testo per intero.
COSMIC-RAY-DRIVEN REACTION AND GREENHOUSE EFFECT OF HALOGENATED MOLECULES: CULPRITS FOR ATMOSPHERIC OZONE DEPLETION AND GLOBAL CLIMATE CHANGE
This study is focused on the effects of cosmic rays (solar activity) and halogen-containing molecules (mainly chlorofluorocarbons — CFCs) on atmospheric ozone depletion and global climate change. Brief reviews are first given on the cosmic-ray-driven electron-induced-reaction (CRE) theory for O3 depletion and the warming theory of halogenated molecules for climate change. Then natural and anthropogenic contributions to these phenomena are examined in detail and separated well through in-depth statistical analyses of comprehensive measured datasets of quantities, including cosmic rays (CRs), total solar irradiance, sunspot number, halogenated gases (CFCs, CCl4 and HCFCs), CO2, total O3, lower stratospheric temperatures and global surface temperatures. For O3 depletion, it is shown that an analytical equation derived from the CRE theory reproduces well 11-year cyclic variations of both polar O3 loss and stratospheric cooling, and new statistical analyses of the CRE equation with observed data of total O3 and stratospheric temperature give high linear correlation coefficients ≥ 0.92. After the removal of the CR effect, a pronounced recovery by 20~25% of the Antarctic O3 hole is found, while no recovery of O3 loss in mid-latitudes has been observed. These results show both the correctness and dominance of the CRE mechanism and the success of the Montreal Protocol. For global climate change, in-depth analyses of the observed data clearly show that the solar effect and human-made halogenated gases played the dominant role in Earth’s climate change prior to and after 1970, respectively. Remarkably, a statistical analysis gives a nearly zero correlation coefficient (R = -0.05) between corrected global surface temperature data by removing the solar effect and CO2 concentration during 1850–1970. In striking contrast, a nearly perfect linear correlation with coefficients as high as 0.96–0.97 is found between corrected or uncorrected global surface temperature and total amount of stratospheric halogenated gases during 1970–2012. Furthermore, a new theoretical calculation on the greenhouse effect of halogenated gases shows that they (mainly CFCs) could alone result in the global surface temperature rise of ~0.6°C in 1970–2002. These results provide solid evidence that recent global warming was indeed caused by the greenhouse effect of anthropogenic halogenated gases. Thus, a slow reversal of global temperature to the 1950 value is predicted for coming 5~7 decades. It is also expected that the global sea level will continue to rise in coming 1~2 decades until the effect of the global temperature recovery dominates over that of the polar O3 hole recovery; after that, both will drop concurrently. All the observed, analytical and theoretical results presented lead to a convincing conclusion that both the CRE mechanism and the CFC-warming mechanism not only provide new fundamental understandings of the O3 hole and global climate change but have superior predictive capabilities, compared with the conventional models.
http://arxiv.org/ftp/arxiv/papers/1210/1210.6844.pdf
http://www.sciencedaily.com/releases/2013/05/130530132443.htm