Tiene conto sia dell'attività solare sia dell'assottigliamento dello strato di ozono
Riproduce fedelmente l'andamento delle temperature dal 1980 al 2005.
Quantificare il danno allo strato di ozono derivante dalle attività umane rispetto a quello che avviene in modo naturale, con particolare riferimento alla stratosfera: questo è ciò che riesce a fare un nuovo modello atmosferico che viene descritto sulla rivista Science nell’articolo dal titolo “Anthropogenic and Natural Influences in the Evolution of Lower Stratospheric Cooling”. A firmarlo è un gruppo di ricercatori che fanno capo alla Rosenstiel School dell’Università di Miami, al NOAA e alla Rutgers University. È un fatto assodato che la stratosfera, lo strato al di sopra della troposfera, ha subito un continuo raffreddamento negli ultimi 25 anni. Questa tendenza a lungo termine viene considerata generalmente come il risultato dell’assottigliamento dello strato di ozono dovuto alle attività umane, poiché questo gas è in grado di assorbire la radiazione solare.
Ma esistono anche fattori naturali che possono avere parte al fenomeno, come dimostra il fatto che la diminuzione della temperatura non è uniforme come la perdita di ozono. Le eruzioni vulcaniche come quella del Pinatubo del 1991, per esempio, emettono una grande quantità di aerosol che possono alterare l’irradiazione solare, riscaldando l’atmosfera. Il modello utilizzato in questo caso dai ricercatori tiene conto di tutti questi parametri e li incrocia con le registrazioni disponibili dell’attività solare degli ultimi decenni. Il successo della ricerca consiste nel fatto che il modello è stato in grado di riprodurre con notevole precisione l’andamento del raffreddamento della stratosfera che risulta dalle registrazioni dal satellite delle temperature.

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