Sembrerebbe che ben il 70% del riscaldamento delle acque dell'Oceano Atlantico possa dipendere dalla mancata influenza dell'effetto albedo dovuto alle polveri sahariane e alle ceneri vulcaniche, e solo il 30% possa ricondursi ad altri fattori, compreso il famigerato riscaldamento globale.
In pratica quando ci sono poche tempeste dal Sahara verso l'Oceano, con il conseguente sollevamento in atmosfera di milioni di tonnellate di polveri, l'atmosfera sopra l'Oceano è più limpida e meno riflettente e quindi è permeabile ad un maggiore irraggiamento solare e relativo riscaldamento delle acque.
Gli uragani, che si sviluppano grazie al calore accumulato sulla superficie oceanica, sarebbero quindi inversamente collegati allo sviluppo di tempeste di sabbia.
Questo fa delle tempeste di sabbia sahariane degli anti-uragano, ed anche delle anti-Global Warming!
Che si fa?
Mettiamo dei maxi ventilatori sul deserto...? :love: :lol:

La polvere e il riscaldamento dell'Atlantico

Le polveri prodotte da tempeste di sabbia ed eruzioni riducono l'irraggiamento delle acque oceaniche. La loro diminuzione comporta un aumento, oltre che degli uragani, anche delle temperature dell'acqua.


La recente tendenza al riscaldamento manifestata dall'Oceano Atlantico - pari a circa un quarto di grado rispetto al 1980 - sarebbe in buona parte dovuta alla riduzione di polveri e particolato immessi in atmosfera dalle eruzioni vulcaniche e dalle tempeste di sabbia africane nel corso degli ultimi 30 anni. Ad affermarlo è uno studio di ricercatori dell'Università del Wisconsin a Madison e della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), pubblicato su "Science".

Oltre due terzi di questo aumento, osserva Amato Evan, che ha diretto lo studio, va attribuito ai cambiamenti nelle tempeste di polvere e nell'attività dei vulcani tropicali in quell'arco di tempo.

In studi precedenti, Evan e collaboratori avevano già dimostrato che la polvere africana e altro particolato può frenare lo sviluppo degli uragani riducendo l'insolazione della superficie marina e il suo riscaldamento, mostrando che i loro livelli sono correlati all'intensità e la frequenza delle tempeste.

Nel nuovo studio, combinando dati da satellite e modelli climatologici, hanno calcolato gli effetti concorrenti delle tempeste di polvere e delle eruzioni vulcaniche - e in particolare di quella di El Chichón in Mexico nel 1982 e del Pinatubo, nelle Filippine, nel 1991 - sul riscaldamento delle acque oceaniche. Ne è risultato che circa il 70 per cento è correlato all'effetto combinato di eruzioni e tempeste di polvere e che queste, da sole, incidono per un quarto.

Il risultato suggerisce che soltanto il 30 per cento dell'aumento di temperatura dell'Atlantico sia legato ad altri fattori, come il riscaldamento globale. Evans osserva che i valori che si ottengono depurandoli dal fattore "polveri" danno un incremento di temperatura analogo a quello che si è registrato in altre regioni, e soprattutto nel Pacifico: "La cosa è ragionevole, dato che non ci aspettavamo che il riscaldamento globale aumentasse così rapidamente la temperatura oceanica".

L'attività vulcanica è imprevedibile e difficile da inserire nei modelli climatologici: nessuno di questi, finora, ha considerato le tempeste di polvere come un fattore rilevante per il riscaldamento degli oceani. "Non sappiamo realmente come la polvere alteri queste proiezioni climatiche, che potrebbero avere un effetto davvero positivo o negativo", osserva Evans. (gg)

Da "Le Scienze"