.....culture diverse, troppo diverse se poi facciamo parlare gli estremi.
Ho letto la pagina dell'UCOII ieri sul La Nazione, becera propaganda, gli ha risposto bene Tony Capuozzo: «Gli italiani non sono così stupidi da lasciarsi usurpare il passato da un nuovo italiano come lui» .........soprattutto ricordando i passati filonazisti ed antiebraici delle masse arabe nella 2^ Guerra Mondiale
http://www.corriere.it/Primo_Piano/...iccolillo.shtml
«Gaza come Marzabotto». Bufera sull'Ucoii
Polemiche per una pagina di pubblicità comprata da un'associazione della consulta islamica
ROMA — «Dedicate 5 minuti a questa lettura e pensate che mentre state leggendo ci sono innocenti che muoiono ». Inizia così l'annuncio- choc, intitolato «Ieri stragi naziste-oggi stragi israeliane», pubblicato ieri su Resto del Carlino, Nazione, Giorno, e QN dall'Ucoii: l'Unione delle comunità islamiche in Italia. Una pagina intera acquistata, specifica l'associazione che aderisce alla consulta islamica del Viminale, per dire quello che «una vergognosa e sistematica censura stravolge». A partire dal «bilancio agghiacciante» della «sesta guerra sferrata da Israele contro il Libano»: «Oltre 100 persone hanno trovato la morte in sole 4 settimane: più di un quinto della popolazione si trova senza un tetto, decine di migliaia sono i feriti». Per concludere con un'equazione: «Marzabotto = Gaza = Fosse Ardeatine = Libano». E con un monito: «Ora nessuno potrà dire: Io non lo sapevo». Ma soprattutto soffermandosi sull'elenco di 70 «massacri» «della guerra israeliana contro il Libano e la Palestina».
I MORTI — La doppia lista di «fatti storici della guerra israeliana» incolonna date, eventi e numeri di vittime, in alcuni casi superiori a quelli riportati dalle cronache e talvolta anche a quelli accertati dalle autorità libanesi e palestinesi. Per la Palestina il computo di morte iniziato con il «massacro di Gerusalemme» del 1937 (2 morti), annovera quello di Deir Yassin a cui attribuisce 254 vittime. E comprende due stragi di Gaza: una del 1956 con 500 morti e una del 2006 con 100 morti. Per il Libano l'elenco si apre con 105 morti a Salha nel 1948. In neretto si evidenziano 3.500 vittime per Sabra e Chatila. Si ricorda il «primo» massacro di Cana con 106 morti. E si chiude con il «secondo», quello del bombardamento del 30 luglio scorso sulla scuola di bambini, cui attribuisce 60 vittime.
Il presidente dell'Ucoii, Mohamed Nour Dachan, spiega: «Davanti a una tragedia così grave, l'informazione era distorta e non si riusciva a capire chi era l'accusato e chi l'accusatore». E aggiunge: «Se ci saranno polemiche è perché sono state portate allo scoperto le tragedie israeliane».
LE REPLICHE — Per l'ex ministro Udc Carlo Giovanardi l'inserzione sembra «tristemente riecheggiare le più consunte e menzognere argomentazioni della propaganda antisemita e anti israeliana». Il Tg5 affida a Tony Capuozzo un attacco al presidente Ucoii: «Gli italiani non sono così stupidi da lasciarsi usurpare il passato da un nuovo italiano come lui».
In difesa dell'iniziativa invece si schiera l'ex deputato europeo Dacia Valent: «L'agghiacciante enumerazione della sequela di orrori commessi dalla cosiddetta "unica democrazia" in Medio Oriente — dichiara — è francamente un servizio pubblico che l'Ucoii ha offerto al popolo italiano».
Per la Valent, portavoce nazionale della Iadl (Islamic Anti-Defamation League) «né Israele né le comunità ebraiche possono chiederci di continuare a giustificare le stragi compiute nascondendosi dietro all'Olocausto. I crimini contro l'umanità commessi in Libano e in Palestina devono essere puniti». «Se non fosse per il veto Usa in seno all'Onu — chiude l'ex eurodeputato — la guerra e la distruzione del Libano sarebbero finite molto prima e la Palestina esisterebbe come Stato».
Virginia Piccolillo
20 agosto 2006
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http://www.corriere.it/Primo_Piano/...0/mag_all.shtml
IDEOLOGIA E DIRITTO
Sono i predicatori dell'odio.
Ma lo Stato li ha legittimati Oggi in Italia predicare e aizzare le masse a distruggere Israele è assolutamente lecito
Se un gruppo di estrema destra o estrema sinistra avesse chiesto una pagina di un giornale per lanciare un messaggio farneticante che recita «Ieri stragi naziste, oggi stragi israeliane», certamente si sarebbe scontrato con un netto rifiuto. Agli estremisti islamici dell'Ucoii (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia) è andata diversamente.
Perché gli estremisti islamici dell'Ucoii sono pienamente legittimati dalle istituzioni e dallo Stato, il loro presidente Nour Dachan siede in seno alla Consulta per l'islam italiano istituita dal ministero dell'Interno, affermano di controllare l'85% delle moschee e ritengono di essere i veri rappresentanti dell'insieme dei musulmani in Italia.
Non importa se è un'organizzazione che nega il diritto di Israele all'esistenza e ne predica la distruzione, che legittima il terrorismo palestinese e gli attentati in Iraq e Afghanistan contro le forze multinazionali, che mira a monopolizzare il potere tra i musulmani nostrani e a concorrere alla nascita della Umma, la nazione islamica ovunque nel mondo, in sintonia con la strategia eversiva e talvolta violenta dei Fratelli Musulmani.
Non importa se nell'inserto pubblicato a pagamento dal Quotidiano Nazionale l'Ucoii mira a consolidare agli occhi degli italiani un'immagine demonizzante e sanguinaria di Israele elaborando l'equivalenza «Marzabotto = Gaza = Fosse Ardeatine = Libano».
Non importa se in un comunicato del primo agosto scorso, commentando la strage di Cana, l'Ucoii afferma che «è il segno di un'ulteriore escalation criminale di uno Stato nato nella pulizia etnica, cresciuto e consolidato nella violenza e nell'ingiustizia e che, Iddio non voglia, finirà per essere la tragedia definitiva del suo stesso popolo».
Non importa se il presidente Dachan, contraddicendo i comunicati ufficiali dell'Ucoii emessi l'11 marzo 2004 e il 7 luglio 2005, ha sostenuto (articolo di Jenner Meletti su Repubblica del 18 agosto scorso) che gli attentati di Madrid e Londra sarebbero opera dei «servizi segreti che forniscono le armi e dettano gli orari». Così come sarebbe «una grande falsità» il piano per far esplodere simultaneamente una decina di aerei in partenza da Londra: «Volevano distogliere l'attenzione da ciò che sta succedendo in Libano e hanno inventato tutto, così i musulmani diventano il pericolo. (...) Negli aeroporti si fanno controlli pesanti e si dà fastidio ai passeggeri così imparano a odiare i musulmani».
Non importa se il portavoce dell'Ucoii, Hamza Roberto Piccardo, ha avuto l'ardire di scrivere al ministro dell'Interno Amato, il 12 agosto scorso, all'indomani dell'annuncio del fermo di una quarantina di islamici, che «non è così che si fa antiterrorismo, l'operazione è stata presentata dal ministero come di contrasto al terrorismo e l'aggettivo "islamico" si è sprecato per indicare l'ambiente in cui cercare i terroristi»; ammonendo Amato a dire «a chiare lettere che noi musulmani stranieri e italiani siamo risultati estranei, una volta di più, a ogni attività suscettibile di mettere in pericolo la sicurezza collettiva e l'ordine pubblico».
Per verificare la realtà dell'ideologia dell'odio, della violenza e della morte che anima l'Ucoii, al pari di Hamas e dei Fratelli Musulmani, basta dare in queste ore uno sguardo al sito gestito da Piccardo www.islam-online.it. Vi si può leggere il messaggio del 24 luglio della Associazione Islamica «Imam Mahdi», in cui si invitano «tutti gli uomini di buona volontà (...) ad adoperarsi per contribuire anch'essi a porre fine una volta per tutte al sedicente "Stato d'Israele", a questo incubo orrendo, a questo mostro immondo che si nutre di sangue innocente». O il messaggio dal titolo «La premiata impresa di pulizie israeliana», di Carlo Bertani, del 30 luglio 2006, ripreso da www.disinformazione.it, che inizia così: «Mentre in Italia ci trastulliamo fra un voto di fiducia e uno sciopero dei farmacisti, la premiata ditta Tsahal Mossad ha dato inizio alla pulizia etnica del Libano meridionale».
A noi non resta che prendere atto che oggi in Italia predicare e aizzare le masse a distruggere Israele è assolutamente lecito, che la stampa nazionale gratuitamente o a pagamento diffonde dei messaggi inequivocabilmente ostili al diritto all'esistenza di Israele. E che tutto ciò viene considerato libertà di espressione. Nonostante si tratti in realtà del fulcro dell'ideologia del terrore di cui tutti noi siamo testimoni e vittime.
Magdi Allam
Magdi Allam
20 agosto 2006
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....poi dopo non ci lamentiamo dei fatti come quelli di Hina
La ragazza pakistana uccisa nel Bresciano perché amava un italiano Hina: "Il padre segue con scrupolo il Corano" Il legale dell'uomo: «Le sue idee religiose sono radicate e diverse dalle nostre». Amato: «Caso che fa riflettere sulla cittadinanza»
BRESCIA - «Il mio assistito è un profondo credente, segue con scrupolo il Corano. Le sue idee religiose sono profondamente radicate. Molto diverse dalle nostre». Lo ha detto l'avvocato Alberto Bordone, difensore d'ufficio di Mohammed Saleem, ritenuto il principale indiziato dell'uccisione della figlia Hina nel Bresciano, sgozzata forse con la complicità dello zio perché innamorata di un ragazzo italiano e non rispettosa delle tradizioni pakistane. «È meglio mantenere il silenzio, almeno fino a mercoledì quando si terrà l'udienza del giudice per le indagini preliminari», ha aggiunto il legale dopo un colloquio di due ore con Mohammed Saleem. «L'uomo si è costruito una corazza dovuta ai fatti accaduti, che lo sconvolgono nel profondo. È così provato da essere in continua difesa, anche con il suo avvocato. Sto solo cominciando a scalfire la sua corazza, ma sarà necessario un lungo lavoro per riuscire a parlarci».
Mohammed Saleem al momento dell'arresto (Ansa)
RAPPORTO COMPLICATO CON LA FIGLIA - Il legale ha anche spiegato che il rapporto con la figlia Hina era molto complicato a causa delle idee religiose di Saleem. «Anch'io fatico a capire. Servirà tempo per poter arrivare a capo della vicenda»», ha aggiunto l'avvocato Bordone. Per il momento nessun parente è andato a fargli visita. «Saleem è completamente solo», ha aggiunto l'avvocato. Alcuni familiari sono in arrivo dal Pakistan. Mercoledì sarà eseguita l'autopsia sul corpo della ragazza.
TRANQUILLO E SERENO - Damiano Camplani, legale di Mohammad Tariq, zio di Hina, non ha voluto dire se il suo assistito è detenuto in isolamento. L'avvocato ha avuto un colloquio durato meno di un'ora con il pakistano, che non parla quasi l'italiano e ha bisogno di un interprete. «È tranquillo e sereno», ha spiegato Camplani.
AMATO: «CASO CHE FA RIFLETTERE» - «Il caso di Hina insegna molto ai fini della cittadinanza: è evidente che non basta chiedere l'adesione ai valori della Costituzione, ma bisogna che ci sia un'adesione anche a diritti fondamentali come il fatto che la donna si rispetta secondo regole che io considero universali». Lo ha detto il ministro dell'Interno Giuliano Amato, secondo il quale un diritto universale è il fatto che «la donna ha il diritto di scegliere la sua vita. Il matrimonio combinato noi lo abbiamo abbandonato alcuni secoli fa». Il fatto dunque che per accedere alla cittadinanza ci debba essere una piena adesione a questi valori «è un problema che dovrà essere affrontato bene».
16 agosto 2006
(19 agosto, 2006) Corriere della Sera
LA DENUNCIA DI HINA NEL 2003
«Mi hanno tolta da scuola perché fumo. E mi picchiano perché faccio la cristiana»
BRESCIA - «Si accaniscono su di me, mi accusano di assumere atteggiamenti da cristiana e non da musulmana. Mi dicono: sei una cretina, una stupida maledetta. Mia madre, come il resto della famiglia, si limita agli insulti e ai richiami. Mio padre invece ...». Il primo j' accuse di Hina viene raccolto nero su bianco nella caserma dei carabinieri di Villa Carcina. Sono le 11.50 del 4 marzo 2003. La ragazza ha 17 anni. È stata rintracciata dopo l' ennesima fuga da casa. Quando si rende conto che la vogliono riconsegnare alla famiglia, decide di raccontare ciò che prima aveva sussurrato solo alle amiche più intime: «Con i miei ho un rapporto conflittuale. Mi impediscono di vivere come una qualsiasi ragazza di cultura occidentale. Mi hanno ritirato dalla scuola, nonostante io studiassi con profitto e nonostante volessi continuare ad andare a scuola, perché un amico dei miei genitori li aveva avvertiti che io fumavo sigarette, e siccome alla donna, stando alle leggi coraniche, è vietato fumare, per potermi controllare meglio mi hanno impedito di continuare gli studi». Allontanandosi dalla famiglia, Hina è fuggita dal presente ma anche dal futuro. E spiega: «Io sono promessa sposa a un mio cugino, figlio della sorella di mia madre, che neanche conosco e che attualmente vive in Pakistan e con il quale dovrei unirmi in matrimonio non so quando. I miei genitori mi contestano sempre il fatto che io assumo comportamenti e seguo i modi di vivere della cultura italiana anziché rispettare la tradizione pakistana e per questo vengo maltrattata sia moralmente che verbalmente e fisicamente. Questo sia da parte dei miei genitori che da parte delle mie sorelle, fratelli e anche di mio cognato Mahmood (il terzo uomo ricercato per il delitto, ndr), marito di mia sorella». Arrivata in Italia con madre, sorelle e fratelli nel 1999, Hina si era ricongiunta al padre quando aveva quattordici anni. Ha subito imparato la lingua, stretto amicizie, insistito per andare a scuola. I primi, violenti litigi in famiglia, risalgono all' estate del 2002. «Era luglio, non ricordo la data esatta - racconta Hina - mio padre tornava dal lavoro intorno alle 18.30, mi picchiava davanti all' intera mia famiglia armato di un bastone di legno con il quale mi colpiva su tutte le parti del corpo, tra l' indifferenza totale dei miei familiari. Nonostante le ferite non sono mai stata portata all' ospedale». Poi ricorda di essere stata trasportata al pronto soccorso dell' ospedale di Gardone Valtrompia. Il bastone impugnato dal papà le aveva rotto il pollice della mano sinistra. «Mi hanno medicata e messo una stecca - racconta Hina - Il medico ha chiesto come avevo fatto a farmi male e la mamma ha risposto che ero caduta con la bicicletta». Dai pugni, al coltello. Era il mese successivo, agosto. «In casa non c' era nessuno - ricorda Hina - mia mamma si trovava in Pakistan. Uno zio che abita a Inzino aveva raccontato a mio padre che continuavo a fumare. Lui allora mi ha preso a schiaffi e rinchiuso in camera a chiave. Poi è tornato con un taglierino: mi ha preso il braccio sinistro ferendomi all' altezza dell' avambraccio e del polso. Io mi sono difesa dandogli uno schiaffo e un calcio nelle parti intime». Il rapporto con il padre si carica di tensioni. Hina «la ribelle» non solo osa fumare, addirittura reagisce con violenza alla violenza del genitore che «la vuole domare». Hina sta diventano un «problema» per l' intero gruppo parentale. Ed è sempre quando qualcuno «fa la spia» che si scatena la violenza tra le mura domestiche. «Tra novembre e dicembre dell' anno scorso - racconta ancora Hina ai carabinieri - qualcuno aveva raccontato a mio cugino, figlio della sorella di mia madre, che avevo fumato mentre ero in ospedale a Brescia per accudire il mio fratellino che era ricoverato. Quando sono tornata a casa sia mia madre sia mio cugino, alternandosi, mi hanno picchiato con schiaffi su tutto il corpo». Il racconto di Hina prosegue, e affonda nel dolore e nell' angoscia più intima. Emerge il profilo di un padre-padrone che arriva anche a sostituire la mano dispotica e violenta con quella incestuosa: «...Nell' allontanarmi gli dicevo: cosa stai facendo? - racconta Hina - sono tua figlia, lo dico alla mamma. E lui mi ha risposto: lo sa già». Hina non sa dire se è vero o falso. Sa solo che le attenzioni morbose del padre si moltiplicano. Ha paura. «Una settimana fa - racconta - mentre facevo i mestieri mi ha chiamato in salotto dicendomi che doveva farmi vedere una cosa che era sporca. L' ho raggiunto e mi ha afferrato per il polso sinistro, torcendomi il braccio dietro la schiena mentre con la mano destra mi tappava la bocca e con il piede destro socchiudeva la porta. Mi ha spinto sul divano-letto che si trova accanto alla porta. Dopo avermi messo supina mi ha imbavagliato la bocca con la sciarpa che avevo al collo per impedirmi di gridare». Lui sul suo corpo di ragazzina indifesa e terrorizzata. Il ricordo è recente, particolari pochi, ma inequivocabili. «Sono riuscita a liberarmi e a urlare - racconta Hina - sono arrivati nel salone i miei due fratellini: mio padre diceva che dovevano andar via, io li invitavo a restare con me. Allora è andato via lui». Solo bugie, per il padre e la madre. Imbarazzanti bugie che aggiungono fango ad una famiglia già messa all' indice per la «figlia ribelle». Aveva diciassette anni, Hina, quando ha avuto il coraggio di mettere nero su bianco la sua prima denuncia, che poi smentirà a denti stretti. Di denunce contro il padre-padrone ne farà altre due. E ritirerà pure quelle. L' attesa e le ricerche *** LE INDAGINI Continua ad essere ricercato Mamhood Zahid, il cognato 27enne di Hina Saleem, ritenuto il terzo uomo della feroce esecuzione LO ZIO Mohammad Tarik, zio di Hina in carcere, ha detto di essere preoccupato per la sua famiglia e per i suoi figli in particolare: vorrebbe vederli e chiede chi si occuperà di loro LA MADRE Prosegue l' attesa da parte degli inquirenti della madre di Hina, che si troverebbe in Pakistan
Vallini Nunzia