Ancora sul tema: riporto articolo apparso oggi su "Il Messaggero".
Domenica 4 Dicembre 2005 Chiudi
SEGUENDO UN’ASSEMBLEA
Le due piene del Tevere, la paura ed alcune domande senza risposta
Due o tre domande sull'esondazione del Tevere. Alle 21,30 il CVA di Ponte Valleceppi è stracolmo di gente. E' un giovedì nebbioso e freddo, ma tutti vogliono capire cosa è successo nella notte tra sabato 26 e domenica 27 quando il Tevere è esondato. Non c'è il sindaco, c'è il suo vice Nilo Arcudi, e c'è Vincenzo Piro responsabile comunale per la protezione civile. Introduce un consigliere della circoscrizione che preventivamente invita alla calma, mentre qualcuno già rumoreggia. Piro elenca i dati sulla portata del fiume nei giorni critici e tenta di tranquillizzare la platea dicendo che il Comune ha già deliberato di chiedere lo stato di calamità naturale per indennizzare i danneggiati. Gli uffici comunali stanno raccogliendo le segnalazioni per stimare i danni subiti dai privati. Per quelli pubblici una stima è già fatta: 5 (cinque) milioni di euro, dice Piro.
Primi interventi sullo stato di degrado del Tevere: acqua inquinata, scarichi non autorizzati, topi grandi come gatti, argini abbandonati, costruzioni in zone esondabili. Altri interventi sui danni dell'esondazione e su quelli dell'acqua che, attraverso la rete fognaria, è rientrata negli scantinati, nei locali commerciali, nei capannoni industriali ed agricoli e nelle case, soprattutto di Ponte Felcino. Tutti lamentano l'assenza di informazione preventiva. Dopo la prima piena del pomeriggio di sabato, nessuna allerta è stata lanciata salvo un'auto che girava con gli altoparlanti che i più non hanno sentito. Nella notte di sabato 26 novembre è arrivata la seconda piena: gli abitanti del fiume hanno tamponato porte e scantinati come potevano, chi con le tavole, chi con i mattoni ed il cemento, chi con gli stracci, pochi fortunati con sacchi di sabbia improvvisati. Il Tevere si è poi ritirato, lasciando ai ragionieri la conta dei danni e ai danneggiati la preoccupazione su chi se ne dovrà fare carico. Lasciando anche un forte e diffuso sospetto: che la seconda piena possa essere dipesa da un rilascio improvviso di acqua dalla diga di Montedoglio. Il vicesindaco nega questa ipotesi e cerca di calmare gli animi, dicendo che il comune è attento al Tevere tanto che avrebbe costruito gli argini se solo gli abitanti del fiume non si fossero opposti (rumori e proteste dalla sala); la situazione gli sfugge di mano quando azzarda un paragone tra l'esondazione del Tevere e gli uragani che hanno flagellato gli Stati Uniti, e quando tenta di dire che se nulla ha potuto il grande Bush contro la forza della natura, cosa volete pretendere dal piccolo vicesindaco Arcudi? Fischi e proteste raggiungono il culmine.
Gli abitanti del fiume tornano a casa con alcune domande senza risposta: a cosa serve l'ufficio della protezione civile del comune se non previene ma conta solo i danni? Perché non si interviene sul sistema fognario per impedire che l'acqua del fiume torni negli edifici dagli scarichi? Perché si insiste nell'idea di cementificare il fiume con le arginature e non se ne rispetta il corso naturale e le zone esondabili? Perché si rendono edificabili le zone esondabili? Perché i depuratori e le altre opere pubbliche danneggiate per 5 milioni di euro sono stati costruiti in zone esondabili? Perché si assiste passivamente al dissesto idrogeologico del territorio e non si fa la manutenzione ordinaria del fiume? Di chi è la responsabilità per tutto questo?
Urbano Barelli
Presidente Italia Nostra
di Perugia