#13 Fili Ven 03 Lug, 2009 06:23
Sicuramente al mio ritorno posterò delle foto. Sicuramente quello che ricorderò, e che racconterò, sarà la meraviglia di Machu Picchu, delle Ande e del deserto. Sicuramente questo è quello che tutti pensano quando si parla del Perù.
Ma c'è un altro Perù, ben più importante, ben più "tangibile": quello della povertà, della miseria vera e propria che noi occidentali (me in primis) nemmeno possiamo immaginare nel più peggiore dei nostri incubi. Una poverta fatta di niente, di fango, polvere, case di mattoni di fango, cani randagi, vetri rotti, macchine a pezzi. Malattie, mancanza di igiene, denutrizione.
E, come se non bastasse, catastrofi naturali.
15 Agosto 2007, ore 18.40: due terremoti, distanti pochi minuti l'uno dall'altro, di intensità 8 e 6 sulla scala Richter, devastano la costa 200 km a sud di Lima. Il 70% delle "case" è distrutto, le infrastrutture devastate, cattedrali e chiese crollate come castelli di sabbia sotto il sole. Addirittura "the catedral", una grossa formazione calcarea sul mare, grande attrattiva turistica, viene parzialmente demolita dal sisma. Muoiono circa 600 persone, delle quali la maggior parte in preghiera dentro una cattedrale crollata totalmente a Pisco. Dove non arriva il sisma, arriva lo Tsunami: rade al suolo Paracas, costringendo gli abitanti a rifugiarsi sulle dune di sabbia a ridosso della città.
2 Luglio 2009: viaggio nei luoghi colpiti dal sisma. In realtà lo scopo non è questo, lo scopo reale del viaggio è il deserto di Ica (meraviglioso) e la Reserva Natural de Paracas (altrettanto meravigliosa), ma non è di questo che voglio parlare ora.
Passando per la PanAmerica, la strada che collega Nord a Sud del Sudamerica, attraverso i luoghi devastati dal sisma: Chinca, Pisco, Ica, Paracas. Villaggi di fango, polverose favelas costruite dal nulla e sul nulla, che vivono di una precarietà assoluta, in un luogo di straordinaria bellezza. Le parole, e anche le immagini, riescono in minima parte a descrivere le sensazioni che si provano attraversando una realtà che non ci appartiene: un senso di profondissima angoscia si prova osservando macerie ovunque, case di paglia improvvisate in pochi giorni e rimaste tali per mancanza di "ausili" di qualsiasi tipo (il governo nulla ha fatto per queste genti), detriti, abbandono, la polvere che entra ovunque. Favelas impressionanti, impossibili da narrare. Il cervello fatica ad accettare ciò che gli occhi trasmettono. Motorette scassate che zigazagano tra le rovine. Bambini che, inconsapevoli della loro realtà, provano a giocare con un pallone ricavato da vecchi stracci. Anziane signore che puliscono maìs tra lo smog dei camion che sfrecciano. Tentativi di vita, apparentemente impossibili.
E' ormai il tramonto, 2 anni dopo, su questi luoghi meravigliosi ed al tempo stesso orribili. Spaventosi nella loro assurda miseria. L'unica cosa da fare è chiudere gli occhi, tirare dritto, evitando di farsi assalire da inutili ed ingiusti sensi di colpa.
E, chilometro dopo chilometro, tornare a Lima. Domani si torna in Italia, a raccontare di una vacanza. Questa è un'altra storia.