SCRIVE HACKING: «CHI ACQUISTA UNA SCHEDI NA, COMPRA ANCHE UN’EMOZIONE, UNA FANTASIA»
Superenalotto, vincere è più difficile che avere per figlie tre gemelle-conigliette
Scienza e probabilità: perché si è portati a giocare anche se la possibilità di centrare il sei è bassissima
di GIULIO GIORELLO su corrieredellasera.it
Nelle sue lezioni di filosofia del la probabilità del 1979 il grande Bruno de Finetti amava ricordare che «Corrado Gini (che è stato fon datore e presidente dell’Istituto Centrale di Statistica) osservava ironicamente: poiché il verificarsi di un evento di probabilità molto piccola è sempre poco credibile, il vincitore della lotteria dovrebbe ve nire arrestato!». Il motivo era che, essendo la pro babilità che il vincitore fosse pro prio lui così piccola — diciamo uno su un milione — si poteva sempre sospettare che ce l’avesse fatta grazie a un imbroglio.
Gli esperti ci assicurano che nella lotte ria della vita uno su un milione è approssimativamente la probabili tà di un parto trigemellare monozi gote (se poi volete che siano tutte femmine e bellissime come le ra gazze-conigliette della famiglia Dahm, «vincere» è ancora più diffi cile, si arriva a una probabilità al l’incirca sui 200 milioni). Ma tutto questo è poca cosa rispetto all’im broccare la sestina del SuperEnalot to, dove si stima che la probabilità di successo sia almeno tre volte più piccola, cioè inferiore a uno di viso seicento e rotti milioni. Duris sima la sfida, altissimo il premio: mi dicono, attorno ai cento milioni di euro! Chissà che pena avrebbe comminato Gini all'incauto vincito re!
Scherzi a parte, Bruno de Finetti usava questo «paradosso del lot to» per mostrare come lo studio delle probabilità e le stesse compo nenti psicologiche soggettive che ci portano all’azzardo possano for nirci un’utile guida nella vita, pur ché si rinunci a cercarvi un’infalli bile «ricetta» per domare la dea Fortuna. Del resto, «quante cose facciamo per l’incerto», diceva nel Seicento il matematico, filosofo e teologo Blaise Pascal: viaggi per ter ra e per mare, investimenti com merciali, persino guerre e rivolu zioni. Perché non tenerne conto an che quando è in gioco «la salvezza della nostra anima»? Scommettere si deve, anche su Dio. E per Pascal era meglio puntare sul Signore, in quanto il guadagno infinito che si sarebbe ottenuto se Dio esiste sa rebbe stato sempre superiore alla perdita finita dei beni mondani che si sarebbe subito se Lui non fosse esistito! E persino Dio ha fat to delle scommesse: almeno stan do ai cosmologi, per i quali «in un tempo molto lontano» avrebbe imbroccato i valori giusti delle costan ti fisiche che hanno consentito l’espansione dell’universo, l’emergere della vita e persino la compar sa di alcuni soggetti capaci di porsi domande (si spera) intelligenti sul mondo e su se stessi, cioè noi esse ri umani.
Tutto perché gli eventi in questione sono altamente improba bili, ma non impossibili: a meno che non si voglia gettare in galera persino l'Onnipotente (ma lui sa prebbe come spezzare ogni cate na). Dunque, anche se i teorici delle probabilità, che usano come esem pi gli «Enalotto» di tutto il mondo, ci ammoniscono che la speranza di farcela è «praticamente vana», non sono affatto da biasimare coloro che ci provano. Come ha scritto re centemente Ian Hacking, uno dei più brillanti esperti internazionali di logica, «chi acquista una schedi na, compra non solo la remota pos sibilità di vincere tanto denaro, ma anche un’emozione, una fantasia… Semmai è da biasimare un mondo in cui per molti questo è l’unico modo di far entrare un po’ di spe ranza nella propria vita».
21 luglio 2009