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Messaggio L’Europa tra fabbisogno energetico ed emissioni

#1  marvel Mar 04 Dic, 2012 11:06

Oggi vi propongo questo splendido articolo, redatto dal sempre attento Guido Guidi, che ci offre una nuova possibile chiave di lettura, direi "geopolitica", di ciò che l'Europa sta cercando di creare con la sua politica di riduzione delle emissioni di CO2. Una politica più economica che ambientale, in realtà, ma che sta perdendo vigore a causa della sua inconsistenza.
L'aggravante, se così vogliamo chiamarla, è che nel tentativo di indurre gli altri stati a seguirla, ha iniziato ad aumentare i costi dell'energia, ad imporre restrizioni sulle emissioni di CO2 (meno sui veri inquinanti tossici che uccidono), con importanti riflessi sull'economia di chi, anche al so interno (Italia in primis) non solo non ha materie prime e fonti energetiche, importandone una stragrande parte, ma ha smesso anche di cercare di produrne.
Ed è qui che la crisi si fa sentire.

Naturalmente, mentre noi paghiamo ogni grammo di CO2 che emettiamo, alimentando un assurdo mercato di scambi di quote di CO2, i grandi paesi "emergenti" (ormai belli che emersi) stanno moltiplicando ogni anno le loro emissioni senza nessun limite (esponenzialmente).

Loro producono, consumando risorse, inquinando ed arricchendosi, noi compriamo da loro dei prodotti finiti, pagando e cercando di inquinare di meno... ma il prodotto che compriamo ha annullato, surclassato, per emissioni rilasciate nel produrlo, quello che noi abbiamo tentato di ridurre.
Insomma, che senso ha non arrostirsi le braciole sul nostro piccolo grill nel nostro giardinetto, perché non vogliamo affumicarci, se poi le andiamo a comprare dal nostro vicino che lo sta facendo in modo massiccio, con un super-grill e fumo a go-go in direzione di casa nostra???
 
In mancanza di un arbitro super partes, che imponga delle regole, non ha senso quello che l'Europa sta facendo.  

L’Europa tra fabbisogno energetico ed emissioni
Guido Guidi su www.climatemonitor.it

Alla base di qualunque attività umana vi è l’energia: volendo mantenere una propria autonomia politica, economica e culturale, l’Europa si deve assicurare un adeguato approvvigionamento che garantisca l’indipendenza energetica.
Sino a qualche secolo orsono la domanda energetica era piuttosto limitata: le poche rinnovabili ed il legname erano sufficienti ed anche quando l’invenzione della macchina a vapore ha rivoluzionato la società, il carbone autoctono europeo bastava a soddisfare la domanda. Oggi l’enorme crescita delle richieste energetiche ha rivoluzionato completamente il panorama mondiale e dal grafico seguente si osserva quali siano le potenze emergenti e quali quelle in declino.

Partendo dalle precedenti considerazioni, ho cercato di interpretare la politica energetica che l’Europa sta seguendo. A tal fine provo a sintetizzare la situazione energetica attuale per macro aree mondiali: Europa, Nord America, Cina, Russia.
Nonostante le notevoli differenze di popolazione, il fabbisogno energetico delle prime tre aree non è poi così diverso. Ho preferito considerare a parte la Russia perché, pur se inserita in Europa, ne maschererebbe la reale situazione energetica. Infatti tra le quattro macro aree prima indicate e’ la sola ad avere una bilancia energetica decisamente in attivo (esporta circa la metà della propria produzione); se ne ricorda infatti l’interessata ratifica del protocollo di Kyoto, reso quindi esecutivo nel 2005, con l’assegnazione di quote di emissione ben oltre le proprie necessità (con la possibilità quindi di venderle) ed il conseguente stimolo di una crescente domanda per la propria produzione di gas.
Delle altre tre macroaree, il Nord America (USA e Canada) non ha certo problemi di carbone ed uranio e, grazie alle recenti tecniche di estrazione e lavorazione, anche le prospettive per petrolio e gas non sono certo preoccupanti; la Cina ha enormi giacimenti di carbone e grazie alle sue notevoli riserve valutarie, compra senza problemi ciò di cui ha bisogno; l’Europa invece non ha uranio, ha poco carbone e sta esaurendo rapidamente quel poco petrolio e gas che ha nei mari del Nord. Infatti, se guardiamo alle bilance commerciali energetiche, si vede che Nord America e Cina importano solo circa il 15% del proprio fabbisogno energetico, mentre l’Europa e’ oltre al 60%, con prospettive di peggioramento.
Cosa fare per uscire da questa scomoda situazione di forte dipendenza?
Produrre energia con altre fonti che non dipendano dalle importazioni: le fonti rinnovabili. Peccato che queste, oltre ad avere notevoli limiti tecnologici, siano molto più costose delle fonti tradizionali e non possano quindi rappresentare una possibile soluzione, andando ad intaccare la gia’ ridotta competitività europea…a meno che….
A meno che non si convincano anche le altre macro aree economiche ad utilizzare le stesse fonti, riportando quindi la competizione su una base comune.
E come? Trovando ad esempio dei forti svantaggi, o supposti tali, delle fonti tradizionali rispetto alle rinnovabili e che si traducano, possibilmente, in un aggravio economico delle fonti tradizionali che possano riportare ad un livello competitivo quelle rinnovabili…e qui entrano in gioco i cambiamenti climatici.
Non voglio certo entrare nei dettagli, ma è indubbio che se e quanto le emissioni umane siano responsabili dei CC e’ una questione scientificamente aperta: nessun governo si incamminerebbe su una via così incerta e costosa a meno di una forte richiesta popolare…ottenibile grazie ad una intensa azione mediatica.
Apparentemente in contraddizione con le evidenze palesi che emergono osservando il mix delle fonti primarie utilizzate dai suoi 27 membri (dove il carbone ed il nucleare sono di l’ossatura del sistema elettrico europeo), l’Europa sembra aver sposato questa strategia, fornendo oltretutto un obiettivo a filoni ideologici che dopo la caduta del muro di Berlino hanno visto di molto limitata la propria possibilità d’espressione. Ci si riferisce in particolare alle ideologie umanitarie (aiutare i più deboli), ecologiste (salvare il mondo e la Natura) e di riscatto sociale alle diverse scale (sono i potenti che inquinano ed i danni li subiscono gli altri). Sarà forse anche per questo che la maggior fautrice di questa politica è proprio la Germania e cioè il paese che ha vissuto in prima persona il crollo del muro?
Nonostante ciò, al di là dei proclami pubblici, l’Europa sta facendo molta fatica a convincere i governi delle altre macro aree a produrre energia più costosa ed è attualmente l’unica ad essersi posta degli obiettivi vincolanti con forti ripercussioni economiche:
la Russia ha aderito al protocollo di Kyoto grazie alle convenienza economica prima descritta
USA e Cina si guardano bene dall’aderirvi ed il Canada ne è recentemente uscito
la maggior parte dei Paesi che vi aderiscono lo fanno per forte convenienza: emettono poco e ne subiscono le peggiori conseguenze (ipoteticamente) pretendendo quindi forti risarcimenti economici.
Nessuno può illudersi di vincere una gara automobilistica se, a parità di tutto il resto, agli altri concorrenti è permesso emettere, e quindi consumare, di più!…

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