In quota, a 10 hPa, il vortice c’è, ruota ancora da ovest (movimento zonale), ma i venti medi a 60°N sono su valori solo moderati, non da “bestia in forma”. Le previsioni dei principali modelli (ECMWF in testa) per le prossime settimane mostrano un calo deciso di questa corrente: man mano che entriamo nell’ultima decade di novembre il VP si indebolisce sempre di più e, in alcuni scenari, il vento a 10 hPa arriva addirittura a sfiorare lo zero o andare in negativo, cioè a girare da est. Questo è il parametro che, se si realizza e permane per giorni, definisce un vero SSW (evento di riscaldamento stratosferico “major”). Non è ancora certo al 100%, ci sono ensemble più estremi e altri più prudenti, ma il segnale di un forte warming precoce ormai è chiaro.
Questo indebolimento non arriva dal nulla, tra Pacifico / Alaska i modelli vedono risalire un grosso anticiclone stratosferico con aria molto più calda rispetto alla media. In pratica, è come se una bolla calda e alta di geopotenziale entrasse nel “territorio” del vortice e lo schiacciasse dall’alto, stirandolo e spingendolo dall’altra parte del globo. È il classico schema da “Canadian warming”: il VP si allunga, perde simmetria, viene spostato fuori dal Polo e rischia, se il colpo è abbastanza forte, di rompersi o di collassare del tutto.
Nel frattempo, sotto non è che l’atmosfera faccia finta di niente. Guardando gli indici troposferici, abbiamo già da giorni una AO tendenzialmente negativa insieme alla NAO, con mappe a 500 hPa che mostrano spesso alta pressione e geopotenziali sopra media in area Groenlandia/Artico. Quindi la colonna, dall’alto verso il basso, si sta già muovendo nella stessa direzione: vortice che fatica a chiudersi in strato, blocchi alle alte latitudini e indici che non sono certo da “zonalità sparata”.
Aggiungiamo poi che l'ENSO è in Niña debole: l’oceano tropicale è più freddo della media e le proiezioni dicono che questa Niña, pur non forte, dovrebbe restare il segnale dominante per il trimestre invernale. In più, in stratosfera bassa abbiamo una QBO in fase orientale (venti medi da est in quota sopra l’equatore). Questa coppia, Niña debole + QBO easterly, è una combinazione che storicamente rende il vortice polare più vulnerabile, perché facilita la salita delle onde planetarie dalla troposfera verso la stratosfera. Tradotto: è più facile che il VP venga disturbato e più difficile che rimanga mesi chiuso e compatto.
A questo aggiungiamo due ingredienti che spesso passano sotto traccia ma contano: neve siberiana e ghiaccio artico. Quest’anno il manto nevoso sull’Eurasia è partito abbastanza bene in molte zone, e il ghiaccio artico, soprattutto sul lato Atlantico, è ancora sotto la media di lungo periodo. Questo tipo di configurazione, per come si è visto in diversi studi, tende a favorire ancora di più blocchi alle alte latitudini (Urali, Scandinavia, Groenlandia) e un VP meno saldo. Non è una formula magica, ma sono tutti tasselli che vanno nella stessa direzione.
Quello che probabilmente potrà succedere, quindi, è questo: la troposfera continuerà a mandare energia d’onda verso l’alto (onde planetarie forti in risalita dal Pacifico e dall’Atlantico), questa energia verrà assorbita in alta stratosfera tra 10 e 30 hPa, rallentando ulteriormente il vortice e generando il riscaldamento di fine novembre. Se questo disturbo sarà abbastanza forte e soprattutto abbastanza duraturo, l’anomalia non rimarrà confinata solo in alto, ma tenderà a scendere di quota: prima 30 hPa, poi 50–70 hPa e infine intorno alla tropopausa. È il famoso “coupling” strato–tropo: quello che succede in alto si trasmette verso il basso nell’arco di una decina–ventina di giorni.
Quando il segnale arriva in basso, la troposfera di solito reagisce con schemi tipo:
AO negativa,
NAO negativa o comunque non stabilmente positiva,
blocchi alle alte latitudini (Artico, Groenlandia, a volte Scandinavia),
getto più ondulato, con maggiori probabilità che aria fredda scenda dalle alte latitudini verso le medie (Nord America, Europa, Asia).
Non vuol dire che “dopo un SSW nevica sicuro su casa mia”, perché entra in gioco tutta la parte di dettaglio (posizione dei blocchi, risposta dell’Atlantico, MJO, ecc.), però la probabilità di fasi fredde nelle settimane successive aumenta in modo evidente, soprattutto su Nord America e Nord/centro Europa.
Per dicembre, vista la tempistica, il ragionamento è questo: se il warming di fine novembre va davvero in porto e il vortice, anche solo senza Major formale, esce da quella fase molto indebolito, il periodo più “sensibile” per una risposta troposferica sarà dalla seconda/terza settimana di dicembre in poi. Non mi aspetto un unico pattern fisso, ma una maggiore tendenza a vedere:
blocchi su Artico/Groenlandia che ogni tanto si ripropongono,
ondate fredde più frequenti su Nord e parte del Centro Europa,
un Medio–Basso Atlantico che può entrare in gioco, di volta in volta, con saccature che riescono o meno a sfondare verso il Mediterraneo.
Per l’Italia in particolare, il discorso è sempre lo stesso: non c’è mai la garanzia, ma un vortice così debole, in un contesto di Niña debole e QBO-E, sposta le probabilità. Invece del “copione” degli ultimi anni con VP super forte, AO/NAO spesso positive e alta pressione sparata su Europa occidentale, abbiamo un inverno che parte con un vortice fragile, già disturbato, e con un disturbo importante proprio all’inizio della stagione. Questo aumenta le chance che, nel corso di dicembre, si aprano più spesso finestre favorevoli per irruzioni fredde anche verso il Mediterraneo, intervallate ovviamente da fasi più miti quando il blocco si posiziona male per noi.
In sintesi, possiamo riussumerla così:
– vortice stratosferico debole e sotto pressione, con un warming precoce in arrivo tra fine novembre e inizio dicembre;
– contesto di fondo (Niña debole, QBO orientale, neve siberiana, ghiaccio artico) che rema contro un VP forte e compatto;
– AO/NAO già impostate verso il negativo con blocchi artici ben presenti.
Non è scritto da nessuna parte che da questo debba uscire “l’inverno del secolo”, ma di sicuro non è nemmeno lo schema degli inverni piatti e zonali con vortice chiuso a chiave sul Polo. È un assetto che, almeno sulla carta, rende l’inizio dell’inverno molto più interessante e potenzialmente freddo rispetto alla media degli ultimi anni, con la stratosfera che stavolta potrebbe giocare un ruolo vero già da subito, e non solo a stagione quasi finita.

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