E’ un sabato sera, quello del 2 marzo del 1984. Una cantina semibuia, la luce fioca di una lampadina.
Due diciassettenni intimisti e brufolosi sbirciano vecchie cartine topografiche, progettano un’escursione per il giorno dopo, sulle montagne di casa loro. Un modesto Appennino di boschi, prati, vecchi paesi. Una lunga passeggiata fino ad una cima finora solo immaginata, quindici chilometri più su, a scoprire tutta la valle. E’ troppo presto per la patente, i motorini non ce la farebbero: si prenderà la bici, in 2 km si arriva all’imbocco del sentiero, poi nessun problema.
I due hanno studiato sodo, hanno lavorato sodo durante tutta la settimana. Un’adolescenza come tutte le altre, un’età mai facile. Questa passeggiata se la sono proprio guadagnata.
Alle 7,45 alla TV c’è “Che tempo fa”, ed un Andrea Baroni che li gela. Un fronte freddo da NW, si incunea dalla Valle del Rodano, probabilmente pioverà. Non è possibile, dopo tanto maltempo nei giorni precedenti, vorremmo proprio andare a vedere la neve, non è giusto starsene tappati in casa, dover rinunciare. Non può succedere. Si parte lo stesso.
La mattina, tersa e luminosa, pare dar loro ragione. Per prudenza portano le incerate, modesti k-way che non potranno nulla. Alle 7,30 son già in bicicletta, uno guida, l’altro sulla canna, tanto la strada è in pianura all’inizio, non si fatica. Poi il sentiero, il profumo del bosco, il piacere dello sforzo, della salita panoramica.
Il groppo è veloce, fulmineo. Una linea grigio chiaro che compare dopo un quarto d’ora, all’altezza di Perugia che si vede benissimo scomparire, inghiottita in un baleno. Poi la linea si fa muro, in meno di dieci minuti inghiotte Assisi, i due si fermano rapiti. Dentro di loro rabbia e tristezza, ancora una rinuncia, la realtà per un adolescente troppo spesso è come quel muro bianco, spietato, che ora inghiotte anche Spello, e dietro al quale si vedono bene sinistri bagliori. Bisogna tornare indietro, di corsa.
Ora però il groppo aumenta ancora la sua velocità. Prima di arrivare al sentiero ecco già le prime gocce, ma niente li ha preparati all’autentico, feroce diluvio di acqua e grandine che li colpisce non appena saliti in bicicletta. La visibilità è ridottissima, i chicchi li colpiscono come sassate, l’acqua gelida scorre a rivoli lungo la schiena, il freddo li fa battere i denti, mentre la bici corre, corre sempre più forte lungo la leggera discesa. Ma non è finita, non ancora.
Dietro ad ogni pozzanghera si nasconde una buca. Una verità stupida, che però chi guida la bici sembra ignorare, e lo fa a suo rischio e pericolo. La ruota anteriore non regge lo sbalzo, si ode un elastico “gnicchete” ed in un attimo i due amici sono per terra, nell’acqua gelida, nel fango, nel più fondo dell’umiliazione.
Ma ci vuol ben altro per fermarli, per renderli rancorosi verso la vita. I due si rialzano ridendo come matti, e si avviano trionfalmente verso casa, stavolta a piedi, sotto il torrente di acqua e grandine… ma no… aspetta… si vedono fiocchi… NEVICA!
E’ incredibile: nel giro di pochi minuti il temporale diventa nevoso, con i fiocchi che scendono belli, grandi, violenti, in un concerto di fulmini e tuoni, con l’aria satura di elettricità, il freddo vento del nord-ovest che però ormai si sta calmando.
Ecco, il calvario è finito: sono di nuovo nella cantina, fradici, infreddoliti, mentre fuori la neve cade a larghe falde, copre il terreno ormai. Via gli abiti bagnati, indossano vecchie tute messe a disposizione da genitori e fratelli che se ne vanno scuotendo la testa e li lasciano lì, davanti ad un vecchio giradischi, a quella lampadina, all’odore del vino e del salnitro.
La cantina ospita anche un magnifico prosciutto, però. Come ogni cantina umbra che si rispetti, ospita anche un fiasco di buon Trebbiano. C’è anche un barattolo di funghi sott’olio, e in pochi istanti compare anche mezzo filone di pane: quello che doveva fare da pranzo, lassù, in montagna.
Intanto fuori nevica, nevica senza posa, i centimetri diventano 5, 10, 15: il cielo regala sciabolate incredibili, rosa, gialle, azzurrognole. Nevica copiosamente su tutta l’Umbria, la massima di Perugia non supererà i 4 gradi, è una delle giornate di Marzo più fredde di sempre. Ma i due ragazzi che volevano scalare la montagna se ne fregano: nel caldo della cantina l’atavica fame degli adolescenti inghiotte l’intero prosciutto, il barattolo, il pane, il vino. Ci vorrebbe una donna stasera, pensano, ci vorrebbe proprio una donna. Chissà cosa si proverebbe tornando a casa e trovando una donna, adesso.
Per me il temporale nevoso è quello del 3 Marzo 1984. Non ce n’è altri.