
Lse-Libia, lo scandalo si allarga
"Il Governo sapeva dell'accordo"
Ambiente accademico in subbuglio all'indomani delle dimissioni del direttore dell'autorevole London School of Economics. E non solo lì. Secondo un calbo di WikiLeaks pubblicato dal Guardian, non è l'unico ateneo britannico ad aver avuto rapporti col regime di Gheddafi. E il Foreign Office era a conoscenza di tutto
dal nostro inviato ROSALBA CASTELLETTI
Howard Davies
LONDRA - Quando poco dopo le nove di ieri sera, studenti e professori della London school of economics and political science, meglio nota come Lse, si sono visti recapitare nella casella di posta elettronica una mail sulle dimissioni del direttore Howard Davies, in molti hanno sospirato "Era ora". Travolto dalle polemiche sui finanziamenti ottenuti dalla Libia e sulla tesi di dottorato copiata del figlio del colonnello Gheddafi, l'ex capo dell'Authority per i servizi finanziari e vicegovernatore della Banca d'Inghilterra ha rinosciuto che la "reputazione" del prestigioso istituto aveva "sofferto" per causa sua. Ma c'è chi sostiene che la rivoluzione libica abbia fatto molto di più minando alle fondamenta il prestigio dell'Università che pur vanta oltre due secoli di storia, ben 16 premi Nobel tra i suoi ex allievi e studiosi come Popper e Laski tra i suoi insegnanti. Non solo: secondo un cablogramma di WikiLeaks pubblicato dal Guardian, la Lse non è stata non è stata l'unica università britannica ad aver avuto rapporti con la Libia. Lo stesso governo era a conoscenza dell'intesa tra l'ateneo e Tripoli per istruire "400 futuri leader" del paese nordafricano. "Il Foreign Office - ha confermato una fonte al quotidiano inglese - era a conoscenza dell'accordo. Ma era di natura privata: il ministero non è mai stato coinvolto a fondo nei dettagli".
"Non riesco a trovare precedenti per il collasso degli standard liberali e accademici che Davies presiedeva. Le spie di Cambridge si incontravano sì all'Università di Cambridge, ma non lavoravano per Stalin con la benedizione del cancelliere, del vice cancelliere, del senato e degli insegnanti dei Collegi", ha osservato il saggista Nick Cohen dalle colonne di New Statesman. Quel che non solo intellettuali, ma studenti e insegnanti per primi rimproverano ai vertici dell'istituzione è di "avere venduto il buon nome dell'istituzione per una manciata di denaro". Più che una manciata, a dire il vero. Ad avere costretto Davies alle dimissioni è stato l'avere accettato - nonostante gli avvertimenti di accademici del calibro di George Joffe e Fred Halliday - 2,2 milioni di sterline dal governo libico per formare funzionari statali libici (un milione e mezzo delle quali già incassate) e il milione e mezzo di sterline da una fondazione gestita da Saif, il figlio di Gheddafi. Aver annunciato martedì che il denaro già ricevuto - circa 300mila sterline - sarebbe stato usato per finanziare borse di studio destinate a studenti nordafricani non è bastato a salvarlo. Come egli stesso ha riconosciuto, la sua responsabilità stava anche in un secondo "errore di giudizio": accettare l'incarico di consigliere del governo libico sulle riforme finanziarie.
"Davies alla fine si è dimesso, ma le responsabilità sono molto più diffuse e presto emergeranno e ci vorrà davvero molto tempo prima che si possa completamente riabilitare la reputazione della scuola", sostiene la professoressa Katerina Dalacoura che tiene corsi su Medio Oriente, democrazia e diritti umani presso il dipartimento di Relazioni internazionali dell'Lse. "Il problema non sono solo i soldi ricevuti da un regime omicida, che lo era molto prima della guerra in corso, ma tutta una combinazione di fattori: l'avere accettato Saif come studente, l'avere invitato lui e suo padre a tenere lezioni, le accuse di plagio" aggiunge augurandosi che l'inchiesta indipendente affidata a Lord Woolf non solo sbrogli i legami tra l'istituzione e il regime libico, ma serva a stabilire dei criteri per i finanziamenti futuri. Anche gli studenti che la scorsa settimana avevano occupato gli uffici del direttore e lanciato petizioni, pensano che non sia finita qui. "Davies altro non è che un capro espiatorio", giudica Emir Nader, 20 anni, studente di Politica e filosofia, tra i corridoi dell'Lse ancora tappezzati di volantini contro lo scandalo. Che le relazioni tra l'Lse e regimi siano ancora più estese lo dimostrerebbe anche la volontà d'intitolare due anni fa un teatro dell'Lse all'ex presidente degli Emirati arabi uniti Zayed al-Nahyan.
Ma a tremare non sono solo i vertici della London school of economics: secondo una ricerca del professore Anthony Glees, tra il 1995 e il 2006, ben otto università britanniche - tra cui Oxford e Cambridge accanto all'Lse - avrebbero accettato oltre 233,5 milioni di sterline da governi tiranni per istituire centri di studi islamici dove si propugnano ricerche "implacabilmente ostili" all'Occidente e a Israele. E dal 2006 a oggi, a fronte dei tagli governativi, le donazioni esterne accettate dalle Università britanniche non sono che aumentate. Il vento rivoluzionario del Medio Oriente non fa vacillare solo i governi del Maghreb, soffia anche Oltremanica.