Di Guido Guidi il 09 giugno, 2009 - www.climatemonitor.it
L’Istituto di Geofisica ed il Centro Internazionale di Ricerca sull’Artico dell’Università di Fairbanks in Alaska sono le due istituzioni che ha diretto per circa un ventennio complessivamente Syun-Ichi Akasofu, geologo sulla carta d’identità, scienziato di fama mondiale a tutti gli effetti. Potrà parlare? Forse no, perchè anche lui ha commesso il madornale errore di sottoscrivere la mozione di minoranza presentata al Senato degli Stati Uniti qualche mese fa. Un documento in cui veniva messa seriamente in dubbio la solidità della teoria sulla presunta futura evoluzione catastrofica del clima.
Non contento, alla terza edizione della conferenza sul clima tenutasi a New York e organizzata dall’Heart Land Institute, noto covo di scettici, ha presentato le conclusioni di un lungo lavoro di raccolta dati ed informazioni, con cui avanza l’ipotesi di una lettura ben diversa degli ultimi 150/200 anni di clima globale. Da questa lettura scaturisce ovviamente anche una diversa visione del futuro del clima, decisamente più rassicurante ma soprattutto più oggettiva, in quanto basata su quanto è accaduto e sta accadendo, piuttosto che su quanto si presume che possa accadere.
Secondo quanto esposto da Akasofu, il riscaldamento cui è soggetto il pianeta sarebbe una fase di recupero dal raffreddamento del periodo freddo occorso tra il 1400 ed il 1800 circa, cui si sono sovrapposte delle oscillazioni multidecadali a più bassa frequenza, di probabile origine endogena. Tutto ciò non rappresenta una novità, su queste pagine lo avremo detto un migliaio di volte, come mille, anzi diecimila altre volte sono giunte le confutazioni in ordine sparso sulla reale consistenza globale della Piccola Era Glaciale (Little Ice Age) e sulle correlazioni tra queste oscillazioni più rapide e le temperature medie globali.
La novità -almeno per chi scrive, ma sono certo che molti lo sapranno già- è piuttosto nell’esame analitico che Akasofu fa delle informazioni. Una gran quantità di evidenze ricavate dai dati di prossimità sull’occorrenza a scala globale della LIA, il calcolo del trend di fondo di 0,5°C dalla fine di questa ai nostri giorni, e la classificazione dei periodi soggetti alle oscillazioni multidecadali, che si originano dalle acque di superficie degli oceani ma si propagano ovviamente nello strato più basso dell’atmosfera.
Tutto ciò usando i dati disponibili a tutti, anche al Panel delle Nazioni Unite, che li ha invece impiegati facendo un pò di cherry picking, ovvero scegliendo quelli che vanno nella direzione della conferma di un riscaldamento anomalo e dunque di origine antropica e tralasciando quelli che invece sarebbero testimoni di una forte componente naturale, pur in presenza di un fattore antropico residuale, giudicato dallo stesso Akasofu molto meno decisivo di quanto si creda.

Del resto, questo è già distinguibile dalla differenza di trend tra i rilevamenti satellitari della media e bassa atmosfera e le osservazioni convenzionali. Per i primi un trend di crescita attenuato, ben diverso da quello dei dati rilevati a terra che soffrono di molti problemi di disomogeneità dei dati, difetti di standardizzazione dei sistemi di misura e, soprattutto, a del noto problema delle riscaldamento aggiuntivo cui sono soggette le aree urbane, sede della maggior parte delle stazioni.
E’ un lavoro onesto e anche piuttosto rigoroso quello di Akasofu, possibile che debba essere ritenuto non valido solo perchè non aderente al main stream? A chi fa bene questo genere di preclusioni? Alla conoscenza non direi proprio. Alla corretta (?) sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle problematiche ambientali? Posto che abbiamo più volte sottolineato che queste con il clima globale hanno poco o nulla a che fare, anche qui non ci siamo. Nel dubbio, non riuscendo a dare una risposta a questa domanda, nel nostro piccolo, facciamo circolare le informazioni.
NB:
Il documento di Akasofu lo potete scaricare da qui.
L’unica fonte d’informazione a me nota che abbia parlato di questo lavoro è il blog di Piero Vietti su Il Foglio.
Altre informazioni le trovate qui e qui.