Posto qui questo racconto che ha anche un risvolto meteo interessante; nulla in contrario se verrà spostato in "stanze " più appropriate.
La tre giorni in dolomiti
Anno 1971, ero iscritto al corso di scialpinismo della SUCAI di Torino e per il ponte di San Giuseppe (allora era ancora festa) era prevista una tre giorni nelle Dolomiti.
Partenza alle prime luci dell’alba con pulmino da circa 25/30 persone, autista spericolato che sull’autostrada nonostante la pioggia andava più veloce delle autovetture.
Col tempo sempre incerto ci inoltriamo nel Trentino e la neve lentamente prende il posto della pioggia.
Destinazione San Vigilio di Marebbe da cui salire al rifugio Fanes; la strada che porta al paese è piuttosto stretta e con parecchie curve, ma l’autista, nonostante la neve sempre più presente al suolo, sale più che allegramente.
Scesi dal pulman, calzati sci con pelli di foca, si sale lungo la strada al rifugio, mentre la neve continua a cadere sempre più copiosa.
Conoscendo la mia impossibilità a dormire nei rifugi mi ero portato un sonnifero molto forte, quasi un preanestetico, che mi ha permesso di dormire in modo passabile.
Il mattino dopo continua a nevicare in modo esagerato, al suolo vi sono almeno 60/80 cm di neve, con visibilità che raramente supera i 70/80 mt, per cui del magnifico panorama vediamo ben poco.
Nonostante tutto partiamo, non per la prevista cima, ma per fare un giro nella zona, raggiungendo il colletto posto pochi metri sopra il rifugio; inutile dire che stante la situazione l’unica cosa che abbiamo visto è stato il bianco della neve e della nebbia.
Nella notte continua a nevicare in modo esagerato (circa 120/130 cm il totale), ma la temperatura gradatamente aumenta, in modo che al mattino dopo, quando la precipitazione si sta esaurendo, la neve si trasforma in pioggia sino ad oltre 2000 mt.
Nonostante tutto si decide di effettuare la prevista discesa su Cortina; la neve intanto è diventata un gesso quasi impraticabile.
Con grande fatica ci apriamo un varco sino al colle, da cui iniziamo la discesa verso Cortina. La neve talmente abbondante e pesante impedisce qualsiasi manovra ed anche in discesa siamo obbligati a spingere.
Intanto inizio a sentire numerosi rombi più o meno lontani e dico agli amici: “che strano, tuona” ma loro mi guardano preoccupati e mi dicono: “non sono tuoni, ma valanghe”.
Continuiamo la discesa piuttosto preoccupati, in quanto, in condizioni di visibilità sempre scarsa, dobbiamo attraversare di versi canaloni, in alcuni dei quali è già scesa la valanga, mentre in altri la caduta è imminente. Si adotta la tecnica del passare uno per volta e per fortuna tutto fila liscio.
Dopo entriamo nel bosco, con paesaggi da favola, ma con neve sempre più pesante, pendenze meno accentuate che anche in discesa ci obbligano a comportarci come in salita, ma in modo molto più scomodo.
Con grande gioia e soddisfazione di tutti arriviamo infine a Cortina e riprendiamo il pulman per il ritorno a Torino.
Arrivato a casa scopro che anche sulle nostre montagne aveva fatto delle nevicate pazzesche, con numerose valanghe che avevano fatto parecchi morti ed una, se non ricordo male, aveva travolto la casa del guardiano che si trova all’inizio della condotta idrica di Venaus; sempre se la memoria non m’inganna, il guardiano era stato trovato vivo parecchio tempo dopo, salvato dalle strutture della costruzione.
Saluti