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Messaggio Glaciazione evitata, o ritardata, grazie ai nostri avi???

#1  marvel Lun 27 Giu, 2005 21:59

Nel numero di maggio del mensile scientifico "Le Scienze" si poteva leggere un articolo dal titolo: "Quando iniziammo ad alterare il clima".
L'articolo, che prestava l'immagine anche alla copertina, che raffigurava la Terra in fiamme appoggiata su un blocco di ghiaccio, intendeva affrontare un tema che da diverso tempo é dibattuto nell'ambiente scientifico vicino ai temi climatici e paleoclimatici. In poche parole si affrontava l'ipotesi che le pratiche agricole e di allevamento dei nostri antenati possano aver contribuito, in modo influente, all'avvio del riscaldamento globale migliaia di anni prima della Rivoluzione Industriale.
Nonostante la mia riluttanza a dare importanza ad una semplice ipotesi, non avallata ancora da ricerche scientifiche, ho letto l'articolo, trovando, comunque, degli spunti di riflessione ma anche delle curiose incongruenze e delle evidenti forzature.
L'autore é il geologo marino William F. Ruddiman, professore all'Universitá della Virginia, con alle spalle numerose ricerche nel campo dei sedimenti oceanici, presso la Columbia University, lo US Naval Oceanographic Office nel Maryland e il Lamont-Doherty Earth Observatory (insomma, non proprio un pivellino in questo genere di studi).
Egli porta avanti un discorso abbastanza logico che, partendo dalle ciclicitá climatiche naturali, con cause soprattutto astronomiche (per chiarezza: quelle di 100.000, 41.000 e 22.000 anni che sono capaci di far variare la quantitá di radiazione solare che raggiunge le varie parti del globo in una data stagione fino a cambiamenti del 10%) si concentra, poi, sugli ultimi 3 milioni di anni, periodo in cui si é avuta una lunga sequenza di glaciazioni separate da brevi periodi interglaciali.

I periodi di massimo interesse per gli studiosi di paleoclimatologia sono le fasi di passaggio tra una glaciazione ed il periodo interglaciale, infatti non sempre tali passaggi hanno avuto lo stesso tipo di variazione, in alcuni casi si sono avute variazioni intense nelle concentrazioni atmosferiche dei gas serra ed in altre queste variazioni sono state minime o sfalsate, o, ancora, non sono variate come nei casi precedenti.

Ruddiman, parlando del carotaggio del ghiaccio antartico che porta alla luce ben 400.000 anni di storia climatico-atmosferica globale, descrive accuratamente la cronistoria dei cambiamenti di concentrazioni dei gas cercando, giustamente, di motivarle.
Ad esempio, le concentrazioni di metano fluttuano principalmente con periodicitá, di 22.000 anni, legata al ciclo orbitale di precessione. La Terra ruotando intorno al proprio asse ondeggia come una trottola, avvicinando ed allontanando dal Sole l'emisfero settentrionale, questo fa si che a seconda che i continenti dell'emisfero nord siano piú vicini al Sole nel periodo estivo o in quello invernale, si hanno delle importanti variazioni termiche e quindi una notevole influenza sull'apporto di metano in atmosfera che, principalmente, deriva dalla decomposizione vegetale.
Infatti, dopo essere entrata nella fase di pieno rigoglio, in tarda estate, la vegetazione muore, decomponendosi ed emettendo carbonio sotto forma di metano.
Quando si ha una fase di massimo riscaldamento estivo aumenta la produzione di metano, sia per le inondazioni provocate, in Asia meridionale, dall'aumento dell'intensitá dei monsoni che soffiano verso nord dopo aver raccolto molta umiditá, scaricandola in regioni che altrimenti resterebbero asciutte, sia perché, molto piú a nord, in Asia ed in Europa, il disgelo delle paludi boreali dura per periodi molto piú lunghi.
Quindi ogni 22.000 anni entrambi i processi portano ad un aumento di produzione naturale di metano.
Invece quando é l'emisfero meridionale ad essere nella fase di massima vicinanza estiva al Sole non vi sono processi di intensitá paragonabile tali da compensare la diminuzione di metano in atmosfera.
Anche 11.000 anni fa, all'inizio dell'attuale fase interglaciale, il metano aveva raggiunto il picco, dato che la radiazione solare aveva il massimo di incidenza sul nostro emisfero, ma poi, col trascorrere dei millenni, mentre la radiazione incidente diminuiva, il metano non continuava a scendere come in passato.
Inizialmente, dopo il picco di 700 ppm (parti per milione), il metano aveva iniziato a scendere di concentrazione, come sarebbe normale attendersi, ed avrebbe dovuto raggiungere il minimo di 450 ppm ai nostri tempi (durante il minimo di radiazione solare e l'inizio di una nuova fase glaciale), ma invece, 5000 anni fa, la linea di tendenza cambió e la concentrazione ricominció a salire.
In parole povere le concentrazioni di metano aumentarono proprio quando avrebbero dovuto diminuire ritornando a salire fino a 700ppm poco prima della rivoluzione industriale.
Un andamento simile, anche se meno sensibile, lo ha avuto anche la CO2.
Tra le varie ipotesi di questa "anomalia" vi sono anche fattori in grado di influenzare naturalmente il clima, come l'espansione delle paludi artiche, i cambiamenti della chimica degli oceani, etc, ma l'ipotesi che piú desta l'attenzione di Ruddiman é quella del fattore umano.
Effettivamente la coincidenza dei cambiamenti atmosferici con i progressi delle attivitá di allevamento ed agricoltura (disboscamento) fa riflettere, e qui iniziano le prime contraddizioni e forzature di Ruddiman, infatti bisogna ricordarsi che, almeno fino a 3000 anni fa, non si trattava di azioni molto diffuse ed invasive. E' vero che i cinesi iniziarono a coltivare il riso 8000 anni fa, ma le zone utilizzate erano limitate, idem per l'indonesia e per l'Europa, dove, ancora durante il periodo romano, la maggior parte delle terre erano ricoperte da foreste.
Molte zone, come l'inghilterra e l'Irlanda, vennero velocemente disboscate, fino ad un 90% della superfice...ma che cosa sono quelle terre in confronto alle sterminate foreste e paludi naturali che sono rimaste praticamente incontaminate fino al 1700-1800?
Inoltre, proprio quando il discorso inizia a filare, proprio quando il geologo riesce a farmi pensare che, in effetti, prima di allora l'uomo non aveva mai iniziato a bruciare le foreste, dato che la maggiore fonte di sostentamento era data proprio dalla caccia e dai prodotti del sottobosco, proprio quando inizio a pensare che le foreste incendiate avrebbero potuto produrre molta CO2 e metano, diminuendone, contemporaneamente, l'assorbimento naturale... ecco che il geologo mi tira fuori una azzardata, quanto improbabile, associazione delle variazioni delle concentrazioni dei gas (diminuzioni ed aumenti negli ultimi 2500 anni) con le grandi epidemie del passato (compresa la peste ed il vaiolo) associando, poi, tali diminuzioni di concentrazione (che effettivamente ci sono state) con dei periodi freddi del passato, anche se, a mio modo di vedere, é molto piú plausibile che siano state le diminuzioni termiche ad aver influenzato l'andamento delle concentrazioni dei gas ed anche il peggioramento delle condizioni di vita delle popolazioni e quindi le epidemie che ne sono seguite (anche dai grafici non é evidente quale sia stata la causa e quale l'effetto).
Praticamente, secondo lui, la diminuzione di popolazione avrebbe fatto diminuire immediatamente i consumi, gli incendi e quindi dimunuito laproduzione di gas serra ed avvantaggiato il rimboschimento naturale, favorendo una diminuzione termica...tutto nel giro di pochi anni! Magari bastasse cosí poco!
 Insomma, ho ritrovato un po' la solita tendenza serrofila a motivare tutto partendo dai gas (a tutti i costi) a testa bassa, senza alzare lo sguardo per intravedere eventuali alternative.

Invece una parte molto interessante é quella che cerca di verificare se sia stato possibile che un'azione antropica sulle caratteristiche distribuzioni natrurali della vegetazione sulle terre emerse, abbia potuto, effettivamente, contrastare una probabile glaciazione di origine astronomica, che secondo lo scienziato (ma non solo lui) avrebbe dovuto essere iniziata giá da diverso tempo.
Infatti, a parer suo, senza questa sovrapposizione tra influenza antropica ed andamento astronomico, avremmo dovuto registrare un aumento piú cospicuo delle temperature da 5000 anni a questa parte in caso di sola influenza antropica, oppure una diminuzione importante per la sola influenza astronomica.
Secondo lui, senza nessun intervento umano attualmente avremmo avuto temperature in picchiata verso la nuova fase glaciale.
In effetti, guardando l'andamento degli ultimi milioni di anni si nota come il nostro periodo interglaciale si sia andato assestandosi su una linea termica quasi costante (con deboli fluttuazioni come qualla dell'Optimum Medievale o della Piccola Era Glaciale), mentre in passato l'andamento sebrerebbe stato molto meno costante, caratterizzato da oscillazioni estreme e da brevissimi periodi stabili...insomma, come se qualcuno avesse acceso un climatizzatore in grado di controllare la temperatura.
Ma possibile che l'uomo abbia saputo, inconsciamente, "aggiustare" le cose in modo cosí sapiente da mantenersi una temperatura ottimale e da evitare, almeno finora, una nuova glaciazione?
Infine viene affrontato il tema del clima futuro: che cosa succederá quando i combustibili fossili si esauriranno e quando il ciclo glaciale comincerá a predominare sulle modificazioni ambientali apportate dall'uomo? Riuscirá l'uomo a trovare altri modi per mantenere il clima terrestre, questa volta coscentemente, in equilibrio?
Insomma, io resto scettico su questa teoria, ma non nego che ci sia qualche elemento interessante, che in futuro, sicuramente, avremo la possibilitá di approfondire.

Un saluto
Massimiliano
 



 
Ultima modifica di marvel il Mar 28 Giu, 2005 15:14, modificato 2 volte in totale 
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#2  burjan Lun 27 Giu, 2005 22:29

Caro Marvel,
l'interessantissimo contributo che hai dato stasera mi ha fatto ricordare una cosa.
Durante il corso di climatologia a Poggiodomo, Enrico Paci ci illustrò la teoria di cui ci parli ora.
Se prendi il grafico della temperatura media del Pianeta dal dryas recente ad oggi, noti che, sia pure all'interno di oscillazioni periodiche, si evidenzia una tendenza verso il calo, fino alla fatidica data del 1850.
La teoria che citava Paci (mi dispiace, non ricordo l'autore) chiamava in causa l'espansione della massa vegetale del pianeta nel corso del Terziario, che dovrebbe aver ridotto la CO2 in atmosfera al punto tale da innescare continue glaciazioni nel Quaternario. Il periodo caldo-umido seguito al Dryas recente (noccioli in Lapponia nel 5000 a.C.) ci stava portando dritti su questa strada. Sarebbero state la rivoluzione agricola prima e quella industriale poi a salvarci.
Mmm... tutti sanno quanto siano state importanti le eruzioni vulcaniche ed i minimi di attività solare nel causare la PEG. Mi sembrano cause più importanti che l'ipertrofia delle foreste amazzoniche o della taiga.
Altra riflessione. Le attività umane non consistono solo nell'immissione di gas. E' noto che la creazione di vaste superfici nude ed aride contribuisce alla formazione di anticicloni di blocco al di sopra di esse. La bonifica di vaste paludi e laghi, la distruzione delle foreste, la creazione di isole di calore ha modificato il clima su scala locale, ma neanche tanto  locale.
E' un caso che a  partire dall'avvento della civiltà greco-romana il Mediterraneo non abbia più conosciuto periodi davvero umidi, salvo forse il poco noto 450-750 d.C.?
 




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#3  marvel Mar 28 Giu, 2005 01:27

Grazie Burjan
Non saprei dire se l'uomo durante l'epoca delle civiltá greca e romana fosse giá in grado di modificare il clima (sempre che lo sia mai stato). Fondamentalmente sarei orientato verso un netto NO.
Inoltre il fatidico 1850 é una data limite, sia per la fine del freddo che per l'inizio della vera industrializzazione... un'altra coincidenza che potrebbe essere solo una coincidenza. Comunque dobbiamo renderci conto che attualmente ci sono abbastanza concause naturali da giustificare comunque un global warming, poi se l'uomo stia influenzando pesantemente o no il clima, ancora non é possibile dirlo con certezza. Inoltre il tutto é esaltato dall'ereditá "glaciale" della PEG, che ci ha lasciato ghiacciai sovrasviluppati rispetto al periodo appena antecedente la stessa PEG, e quindi il riscaldamento post-PEG ci appare ancora piú accentuato, se paragonato all'epoca della piccola glaciazione, anche se ancora inferiore a quello medievale (Optimum).
(il che non significa che dobbiamo fregarcene del clima e dell'ambiente)
Tutta la teoria del Prof. Ruddiman, a mio modesto parere, ha delle grosse lacune, anche se mette in luce aspetti interessanti.
Comunque, se fosse cosí facile influire sul clima terrestre, suggerirei a chiunque di piantare alberi in zone protette (lo suggerisco lo stesso, teoria o no), di investire in alberi e in vegetazione, basterebbe un albero a testa all'anno in Italia per superare i 100 milioni in meno di 2 anni, praticamente in pochissimi anni saremmo in grado di rimboschire gran parte delle nostre terre (quelle non coltivate o edificate). Basterebbe incentivare la sorveglianza boschiva, basterebbe farsi regalare un albero all'anno (magari per il compleanno).
Pensa, poi, se lo facessero  tutti gli abitanti dei paesi ricchi, se diventasse una tradizione (inversa a quella dell'albero di Natale).
Ho pensato pure che per ridurre l'inquinamento urbano, ma anche quello extraurbano, sarebbe sufficiente che le case automobilistiche piantassero un albero per ogni auto venduta in una zona protetta, magari nei parchi cittadini, o che nell'assicurazione o nel bollo fosse compreso un albero da piantare , o che per ogni 10000 km percorsi fosse obbligatorio piantare (magari di persona) una pianta nel suo ambiente caratteristico.
Insomma, anche se tutte queste foreste non bastassero a diminuire le concentrazioni di gas serra nell'aria, ed anche se non avessero alcuna influenza sul clima terreste... sarebbe sicuramente meglio vivere in zone piú verdi e meno inquinate, no?  
 

Lo dico da sempre, qualche albero in piú farebbe molto meglio al nostro pianeta di qualsiasi patto di Kyoto... destinato a grosse delusioni e problemi.
 



 
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#4  marvel Mar 28 Giu, 2005 15:17

Ed ecco un grafico per completare l'intervento: puó essere stato in grado,
l'uomo, di alterare il ciclo climatico con i suoi interventi artificiali sulle caratteristiche naturali nostro pianeta?


vostok_glacial_rates

Misurazioni del clima degli ultimi 400.000 anni, derivate dall’analisi dei carotaggi di ghiaccio antartico (Vostok).
Sono evidenti le 4 glaciazioni (G1 - G4) durate circa 100.000 anni l’una, l’ultima, la G1, é terminata circa 10.000 anni fa. Durante le glaciazioni le temperature medie restarono di 2-8 °C sotto a quelle attuali, mentre nei periodi interglaciali le temperature hanno raggiunto valori di picco fino a 2-3 °C superiori a quelli attuali (tranne, appunto, nel nostro periodo interglaciale) con vistose e rapide oscillazioni, sia nei periodi glaciali che interglaciali. Le linee blu rappresentano il ritmo di raffreddamento medio avutosi nei 10.000 anni successivi al picco caldo interglaciale, il numero negativo a fianco di ogni linea blu indica il tasso medio di diminuzione annua (in °C). Le linee rosse, invece, rappresentano il tasso medio di crescita termica (molto rapido) avutosi al termine di ogni periodo glaciale. Il valore positivo, a fianco, da il tasso medio di crescita termica annuo. Tutte le glaciazioni sono terminate con un tasso di crescita simile, mentre sono iniziate con tassi di diminuzione simili le G1, G3, e G4, mentre la G2 ha avuto una diminuzione doppiamente rapida. Il ritmo di riscaldamento che mette fine ad ogni glaciazione é, mediamente, 10 volte piú rapido del ritmo di raffreddamento che le ha innescate. L’ultima linea blu, quella corta presente sulla destra del grafico, rappresenta il cambiamento medio dalla fine dell’ultimo ciclo glaciale. Una volta raggiunto il picco (molto inferiore rispetto a quelli precedenti) la temperatura media (comprensiva dell’ultimo secolo) mostra, comunque, una diminuzione, ma 10 volte piú lenta se confrontata con i cicli. L’agricoltura venne inventata all’inizio di questo periodo di temperature calde e relativamente stabili.In poche parole gli ultimi 10.000 anni risultano essere anomali se confrontati con i precedenti 400.000. Secondo il cicli precedenti, infatti, ora dovremmo avere temperature decisamente piú fredde di quelle attuali.
 



 
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